YEARS, il collettivo Open Group alla Tenuta dello Scompiglio
Letizia De RosaCondividi
Una mostra del collettivo ucraino che trasforma il tempo in testimonianza. Dodici anni, dodici vite, dodici schermi. Una mostra che sottrae ogni spettacolo per restituire il tempo come gesto di memoria e responsabilità.
Il gesto semplice che parla al presente
La mostra Years del collettivo ucraino Open Group occupa uno spazio buio della Tenuta dello Scompiglio con un gesto formale essenziale e implacabile . Lungo una sala, dodici schermi disposti come presenze silenziose mostrano targhe commemorative dedicate a ciascun anno compreso tra il 2014 e il 2025.
Non si tratta di numeri astratti, ma di registrazioni di targhe reali filmate con inquadrature statiche e variazioni minime di luce e ambiente. Quello che sembra quasi niente, poche linee di testo su sfondo neutro, diventa presto un universo di domande sul tempo, memoria e ferite indelebili della storia recente .
La mostra non chiede distrazione, chiede presenza.

Gruppo Aperto: responsabilità dello sguardo e la sala come campo della memoria
Open Group nasce come pratica collettiva. Nel 2025 sono Yuriy Biley, Pavlo Kovach e Anton Varga a portare avanti un lavoro coerente con la loro storia. Già nel 2024 il collettivo aveva rappresentato la Polonia alla Biennale di Venezia con Repeat after me II , un'opera di ripetizione e partecipazione collettiva in cui il pubblico si confrontava con suoni di guerra in un rapporto di prossimità disturbante.
Anni, in questo continuum, spostano il materiale sonoro verso il tempo come materia: non più evento isolato, ma durata.
Entrare nella sala degli anni è entrare in un dispositivo di misura lenta. Gli schermi non sono superfici di intrattenimento, ma pietre di un sepolcreto digitale. Ognuno è dedicato a un anno tra il 2014 e il 2025. La luce, l'umidità, il riflesso sulle superfici trasformano quello che potrebbe essere un semplice elenco cronologico in un rito di permanenza.
Le targhe si offrono allo sguardo con variazioni quasi impercettibili: un'inclinazione di luce diversa, un bagliore sulla superficie, un lieve cambiamento di ambiente. Queste microoscillazioni si accumulano. E proprio questa assenza di spettacolo produce una pressione psicologica sottile: lo spettatore resta in ascolto, in attesa, e in quella attesa trova il proprio tempo dentro la mostra.
Il suono come traccia, mai colonna emotiva
La componente sonora di Anni è misurata e disciplinata . Non c'è colonna musicale che guidi l'emozione: ci sono suoni di passo sulla ghiaia, rumori naturali, frammenti di conversazione, la pioggia, persino una sirena che taglia lo spazio. È un uso del suono che non abbellisce, non suggerisce, non manipola: mappa l'esperienza quotidiana. In questo modo, l'opera respinge ogni estetizzazione facile della tragedia.
Chi osserva non è condotto a provare compassione preconfezionata, ma a sostenere uno sguardo che deve continuamente ricalibrare il proprio senso di realtà.
Perché 2014–2025
La sequenza di anni non è arbitraria. La mostra si muove lungo un arco cronologico profondamente segnato da eventi storici: l'annessione della Crimea nel 2014, la guerra nel Donbass, l'invasione su larga scala del 2022 e la persistente instabilità fino al 2025.
Questo contesto non è semplicemente cronologico: è biografico. Nel caso di anni, quei dodici anni corrispondono alla vita e alla morte di dodici combattenti ucraini, nati tra il 1974 e il 1999 e collegati da relazioni di amicizia ed esperienza condivisa.
Le date diventano così punti di rottura, momenti in cui una storia individuale si interrompe e lascia spazio a una presenza collettiva di memoria.

Dodici anni, dodici vite
La mostra invita a leggere l'apparente freddezza delle date come pulsazione lenta. Questi anni non si presentano come dati statistici o come numeri portati all'estremo, ma come punte di esistenza . In questo modo, Years trasforma la propria struttura formale in un esercizio di pratica mentale: la memoria non è ciò che si acquista, ma ciò che si dipana lentamente attraverso l'attenzione e l'ascolto. È un tempo che si afferma non per accumulo di eventi, ma per presenza persistente nella stanza buia, tra schermi e suoni controllati.
Un gesto che rifiuta la neutralità
La sobrietà del dispositivo non deve essere confusa con la neutralità. La critica che accompagna Years sottolinea che la mostra richiede una presa di posizione, una responsabilità attiva dello spettatore. Open Group costruisce opere che non consentono distacco o indifferenza.
Anche quando l'opera evita toni drammatici, la sua struttura invita alla comprensione profonda: non come semplice ricezione, ma come coinvolgimento interpretativo. Questo posizionamento distingue anni da molte forme di arte contemporanea che cercano consenso emotivo immediato.
Tenuta dello Scompiglio come cornice
La scelta della Tenuta dello Scompiglio come sede espositiva è parte integrante del progetto. Situata a Vorno, Capannori (Lucca), la Tenuta è uno spazio di sperimentazione culturale in cui arti visive, performance e ricerca convivono. Non è uno spazio urbano intensivo, ma un ambiente che favorisce un ritmo lento un percorso che sembra scandito così: camminare, guardare, sostare.

Anni dialoga con questa dimensione: invita alla calma e all'esercizio della permanenza . Lo spettatore viene accolto in uno spazio che richiede tempo, non solo come sequenza di visite, ma come intensità di esperienza.
Memoria come tempo
Years di Open Group è una mostra che ridefinisce il tempo come grammatica di memoria e responsabilità. I numeri diventano presenze, gli schermi pietre di un campo mnemonico , il suono un compagno silenzioso. In questa struttura, non c'è consolazione artificiale, né spettacolo. C'è un invito a guardare, ea sostenere lo sguardo, con disciplina e apertura. La mostra non termina quando si esce dalla stanza: continua come pensiero, come interrogativo sui modi in cui costruiamo e sorvegliamo il ricordo.
Informazioni pratiche
Titolo: Anni
Artista/Collettivo: Open Group (Yuriy Biley, Pavlo Kovach, Anton Varga)
Sede: Tenuta dello Scompiglio, Vorno, Capannori (LU)
Periodo: fino al 1 marzo 2026
Orari: giovedì–domenica 14:00–18:00 (pausa 22 dicembre – 6 gennaio)
Curatore: Angel Moya Garcia