Un autoritratto nella Parigi degli impressionisti

Un autoritratto nella Parigi degli impressionisti

Alice Pettirosso

L’Autoritratto di Van Gogh del 1887 è un’opera emblematica del periodo trascorso a Parigi, tra il 1886 e il 1888, quando l’artista si trovava a stretto contatto con i maestri dell’Impressionismo e del Neoimpressionismo come Monet, Degas e Seurat. Questo capitolo della sua vita fu un crocevia decisivo per la sua evoluzione artistica: Van Gogh iniziò a sperimentare audaci tecniche cromatiche e abbandonò i toni cupi del suo periodo olandese, in favore di una tavolozza più luminosa e vivace. Nell’autoritratto del 1887, l’artista è in piena fase di sperimentazione, immerso nella ricerca ma non ancora gravato dal profondo tormento che segnerà i suoi lavori successivi, come quelli realizzati durante il suo soggiorno ad Arles.

La struttura del ritratto

Nell’opera del 1887, Van Gogh si presenta di tre quarti, con il busto solidamente delineato e uno sguardo ipnotico per la sua intensità. L’essenzialità della composizione, con il volto dell’artista che si staglia su uno sfondo neutro, crea un contrasto potente che cattura immediatamente lo sguardo dell’osservatore. Anche se il dipinto mantiene una struttura classica, l’energia delle pennellate e la vivacità cromatica rendono il suo autoritratto fresco e moderno, distinguendolo da quelli ben più convenzionali dell’epoca.

Colore e pennellate: la tecnica di Van Gogh

La tela si anima grazie alla vigorosa tecnica a olio, con pennellate spesse e quasi scultoree che infondono al dipinto uno straordinario dinamismo. Van Gogh applica il colore con coraggio e spontaneità: i toni freddi dello sfondo, dominati da sfumature blu e verdi, fanno contrasto con la calda vivacità del volto. Il suo uso audace e ruvido del colore testimonia sì l’influenza degli Impressionisti, ma è già palpabile lo stile unico che contraddistingue Van Gogh, caratterizzato da una dirompente potenza emotiva e dal suo approccio quasi materico alla pittura.

Un autoritratto fra introspezione ed esperimento

Anche se il motivo primo da ricercare per i suoi numerosi autoritratti (sono 35!) ricade probabilmente nelle ristrettezze economiche dell’artista - che usava se stesso come modello, in mancanza d’altro - per Van Gogh, l'autoritratto non era solo un esercizio tecnico ma un'intima esplorazione di sé. Attraverso i dipinti, oltre ad affinare il proprio stile e tenersi in esercizio, scandagliava la sua psiche. L'autoritratto del 1887 è un esempio di un momento di relativa quiete interiore: l’artista riflette su sé stesso con profondità, ma al tempo stesso assimila con entusiasmo le influenze parigine sperimentando nuove soluzioni cromatiche. Gli autoritratti sono una finestra aperta sull’anima e l’evoluzione artistica di Van Gogh, e offrono al pubblico un raro sguardo alla sua crescita creativa e interiore.

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L’autoritratto per Van Gogh prima e dopo il tormento

Se confrontato con l’Autoritratto con orecchio bendato del 1889, realizzato dopo il famoso incidente, il ritratto del 1887 trasmette un sentimento molto diverso: qui vediamo un artista in cerca di nuove strade espressive, e non un uomo consumato dal dolore. Anche in opere successive, come La camera di Vincent ad Arles, si ritrova lo stesso amore per il colore e la luce, gli elementi cardine del suo percorso stilistico. L'autoritratto del 1887 segna un punto di svolta: l'influenza della vivace Parigi e il contatto col movimento impressionista plasmano un nuovo Van Gogh, che di lì a poco supererà l'Impressionismo per dare vita al suo stile rivoluzionario.

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