Tre pittori russi, tre rivoluzioni dello sguardo: Repin, Kandinsky, Malevic e la nascita dell'arte moderna

Tre pittori russi, tre rivoluzioni dello sguardo: Repin, Kandinsky, Malevic e la nascita dell'arte moderna

Letizia De Rosa

La pittura russa tra Ottocento e primo Novecento attraversa una trasformazione rapida e profonda. In pochi decenni, il linguaggio figurativo passa dalla rappresentazione rigorosa della realtà sociale a una ricerca che dissolve la forma e ridefinisce il senso stesso dell'arte. Questo percorso prende corpo attraverso tre figure centrali, capaci di orientare l'intera storia visiva moderna. 

Il'ja Repin, Vasilij Kandinskij e Kazimir Malevič non rappresentano soltanto tre stili diversi. Sono tre visioni del mondo, tre modalità di intendere il ruolo dell'artista, tre risposte a una stessa domanda di fondo. Che cosa può fare la pittura di fronte a una realtà in trasformazione.

Il'ja Repin: il pittore della scienza sociale 

Con Il'ja Repin la pittura russa raggiunge una maturità completa sul piano tecnico, narrativo e umano. Nato nel 1844, Repin diventa la figura centrale del realismo russo e uno dei protagonisti del movimento dei Peredvižniki, gli artisti itineranti che decisero di sottrarre l'arte al controllo accademico per restituirla alla società.

La sua pittura si fonda su un'osservazione lucida della vita quotidiana e delle condizioni sociali della Russia ottocentesca. Ogni figura è costruita con un'attenzione psicologica profonda. Ogni scena è attraversata da una tensione etica che trasforma il quadro in uno spazio di riflessione collettiva.

Ne I battellieri del Volga, Repin rappresenta uomini piegati dalla fatica, legati da funi che segnano i corpi e scandiscono il ritmo del lavoro. La composizione è ampia, solida, governata da una luce che mette in risalto i volti ei gesti. La sofferenza emerge attraverso la dignità silenziosa dei personaggi, attraverso la loro resistenza quotidiana.

Accanto alle scene di vita sociale, Repin affronta la storia russa con una intensità emotiva che supera la dimensione celebrativa. In Ivan il Terribile e suo figlio, il potere appare come una forza che si consuma nell'intimità di un gesto irreversibile. Lo sguardo del padre, il corpo del figlio, il colore acceso del sangue costruiscono un'immagine che continua a interrogare lo spettatore, rendendo visibile il lato umano della tragedia storica.

Con Repin, la pittura diventa coscienza collettiva. L'opera non si limita a descrivere, ma assume una funzione civile. Attraverso la figura umana, l'artista restituisce alla pittura il compito di osservare, comprendere e assumersi una responsabilità nei confronti del presente.

 

Vasilij Kandinskij: il pittore del colore interiore 

Vasilij Kandinskij inaugura una svolta radicale nella storia della pittura. Nato nel 1866, si forma in un ambiente culturale attraversato da spiritualità, simbolismo e interesse per le tradizioni popolari russe. Le sue prime opere conservano riferimenti figurativi, ma mostrano già una tensione verso l'autonomia del colore e della forma.

Progressivamente, Kandinskij trasforma la pittura in un campo di forze. Il colore acquisisce una funzione autonoma, la linea perde il compito di delimitare gli oggetti e diventa energia. Questa ricerca trova una formulazione teorica nel testo Lo spirituale nell'arte, in cui Kandinskij associa il colore alla musica e attribuisce a ogni tonalità una risonanza emotiva specifica.

Le opere come Composizione VII rappresentano un momento decisivo di questa evoluzione. La tela costruisce uno spazio visivo complesso, attraversato da tensioni cromatiche e ritmi dinamici. Lo spettatore è chiamato a vivere l'opera come un'esperienza, non come una scena da decifrare.

La pittura di Kandinskij introduce una nuova idea di arte come linguaggio interiore. Il quadro diventa uno spazio mentale, una superficie in cui si manifestano stati d'animo, vibrazioni, equilibri instabili. Questa concezione apre la strada all'astrazione come linguaggio autonomo e influenza profondamente l'arte europea e internazionale del Novecento.

Kazimir Malevic: il pittore dell’azzeramento visivo

Kazimir Malevič porta la trasformazione della pittura a una radicalità estrema. Nato nel 1879, attraversa diverse fasi stilistiche prima di approdare al Suprematismo, il movimento che segna una delle svolte più decisive della storia dell'arte moderna.

Il Suprematismo si fonda sull'uso di forme geometriche elementari e colori primari. Il suo manifesto visivo è il Quadrato nero, presentato nel 1915. L'opera occupa lo spazio come un segno assoluto, privo di riferimenti figurativi. La pittura si concentra sulla forma pura e sulla percezione.

Il Quadrato nero rappresenta un punto di partenza. Malevič lo considera l'inizio di una nuova fase della pittura, orientata verso l'essenza del linguaggio visivo. La superficie diventa luogo di meditazione, spazio in cui l'arte si emancipa da ogni funzione narrativa.

Questa radicalità si inserisce in un contesto storico attraversato da profonde trasformazioni. La Russia rivoluzionaria vive il crollo delle certezze tradizionali e la ricerca di un nuovo ordine. Il Suprematismo risponde a questa tensione attraverso una forma visiva che aspira all'assoluto, trasformando la pittura in un laboratorio di idee.

L'elemento sottovalutato che accomuna tutti e tre

Un elemento spesso sottovalutato nel percorso di Repin, Kandinskij e Malevič è il rapporto con l'idea di comunità. In modi profondamente diversi, tutti e tre concepiscono la pittura come un linguaggio capace di incidere nello spazio collettivo. Repin osserva la società russa dall'interno, restituendone le tensioni attraverso il corpo umano e il volto, trasformando il quadro in un luogo di riconoscimento condiviso. Kandinskij costruisce una comunità più invisibile, fondata sulla percezione e sull'esperienza spirituale, in cui l'opera diventa un punto di contatto tra sensibilità affini. Malevič, infine, immagina una comunità futura, astratta, svincolata dal racconto e dalla memoria, affidata a forme elementari capaci di parlare un linguaggio universale. In questo senso, la pittura russa tra Ottocento e Novecento non si limita a riflettere il proprio tempo, ma propone modelli alternativi di relazione tra individuo e collettività.

Un altro aspetto decisivo riguarda il rapporto con la tradizione europea. Tutti e tre gli artisti dialogano con l'arte occidentale, ma lo fanno da una posizione autonoma. Repin assimila la lezione del realismo europeo e la rielaborazione attraverso una sensibilità profondamente russa, attenta alla dimensione morale e sociale. Kandinskij entra in contatto con le avanguardie tedesche e francesi, ma sviluppa un'astrazione fondata su una visione spirituale che affonda le radici nella cultura orientale e ortodossa. Malevič supera ogni riferimento diretto, costruendo un linguaggio che si colloca oltre le scuole e le correnti, influenzando in modo trasversale l'arte del Novecento. Questo dialogo continuo con l'Europa, mai subordinato, contribuisce a rendere la pittura russa uno dei laboratori più fertili e radicali della modernità.

Una traiettoria coerente

Repin, Kandinskij e Malevič rappresentano tre momenti consecutivi di una stessa traiettoria. Con Repin, la pittura assume una funzione morale e sociale. Con Kandinskij, il linguaggio visivo si concentra sull'esperienza interiore. Con Malevič, la forma si riduce all'essenziale e diventa oggetto di riflessione autonoma.

In pochi decenni, la pittura russa attraversa una metamorfosi che ridefinisce il rapporto tra arte e realtà. Questo percorso non procede per fratture isolate, ma per una progressiva ridefinizione dello sguardo e del ruolo dell'artista.

L'eredità nel presente

L'influenza di questi tre pittori continua ad essere centrale nella riflessione artistica contemporanea. Le domande che attraversano le loro opere restano attuali. Qual è il compito dell'arte. Quale rapporto può instaurare con la realtà. Quale spazio può aprire per l'esperienza umana.

Repin offre una visione dell'arte come responsabilità civile. Kandinskij propone una pittura capace di tradurre l'interiorità in forma visiva. Malevič spinge il linguaggio pittorico verso una dimensione assoluta, orientata alla ricerca dell'essenza.

La storia dell'arte moderna trova in questo percorso uno dei suoi snodi fondamentali. Attraverso Repin, Kandinskij e Malevič, la pittura russa contribuisce in modo decisivo alla definizione del linguaggio artistico del Novecento, lasciando un'eredità che continua a orientare lo sguardo contemporaneo.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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