
Tabula Peutingeriana di Petrus Bertius: rinascita di una preziosa carta medievale
Jayde BrowneCondividi
Come una pergamena che si dispiega per rivelare i segreti di un mondo perduto, Tabula Peutingeriana di Petrus Bertius ci invita a percorrere le arterie dell'Impero Romano attraverso gli occhi di un cartografo visionario del Seicento.
Questo straordinario documento cartografico rappresenta uno dei più affascinanti tentativi di resuscitare la geografia del mondo classico. In ogni linea tracciata con meticolosa precisione, in ogni toponimo inserito tra le curve delle strade consolari, risuona l'eco di legioni che marciavano verso i confini dell'impero, di mercanti che attraversavano continenti, di pellegrini che seguivano antichi itinerari sacri.
Il lavoro di Bertius è un ponte temporale che collega la modernità europea del XVII secolo con la grandezza di Roma in una narrazione visiva di grande potenza.
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Stile
La Tabula Peutingeriana è una lunga carta itineraria medievale che riproduce un modello romano del IV secolo d.C. Raffigura in forma schematica il mondo allora conosciuto, dall’Inghilterra all’India, ponendo al centro la rete viaria dell’Impero Romano, con città, stazioni di posta e porti. Non si tratta di una mappa geografica realistica, ma di uno strumento pratico per visualizzare i collegamenti stradali e marittimi.
Le città più importanti (Roma, Costantinopoli, Antiochia) sono rappresentate con icone monumentali, come piccoli templi o edifici murati, per sottolinearne il prestigio. Roma è disegnata con una figura femminile che regge un globo, segno del potere imperiale. Molti fiumi, mari e montagne sono solo accennati, senza precisione geografica. Pur derivando da un modello tardo-romano, la copia medievale del XIII secolo aggiunge alcuni elementi stilistici tipici della miniatura medievale come colori più vivaci, lettere gotiche e dettagli decorativi.
Il manoscritto che conosciamo oggi è una copia del XIII secolo, probabilmente eseguita a Colmar, in Alsazia da un monaco. L’originale tardoantico è andato perduto. La sua storia moderna inizia nel 1507, quando fu ritrovato dall’umanista Conrad Celtis a Worms, in Germania; questi la lasciò in eredità all'amico, giurista e collezionista Konrad Peutinger di Augusta, dal quale prese il nome. Peutinger comprese l’importanza del documento e lo fece circolare nel suo ambiente di studiosi. La prima edizione a stampa arrivò solo dopo la sua morte: nel 1598, l’erudito Marcus Welser, genero di Peutinger, pubblicò ad Augusta una versione parziale della Tabula. All’inizio del Seicento, la carta uscì definitivamente dall’ambito privato della famiglia Peutinger: fu infatti venduta o ceduta all’olandese Petrus Bertius (1565-1629), geografo, teologo e cartografo che insegnava a Leida, e che poi divenne cosmografo del re di Francia, il quale la rielaborò. Oggi la tabula è conservata alla Biblioteca Imperiale di Vienna.
Colore e illuminazione
I colori hanno soprattutto una funzione pratica e simbolica: le strade sono tracciate in rosso, così da emergere chiaramente sul fondo pergamenaceo e guidare l’occhio lungo i percorsi. I fiumi sono resi in azzurro-verde, a volte con linee ondulate che ne suggeriscono lo scorrere; i mari sono profilati, talvolta con leggere campiture bluastre. Le città più importanti (Roma, Costantinopoli, Antiochia, Alessandria) sono raffigurate con edifici miniati e tocchi di colore più vivaci: oro, ocra, rosso e blu, per distinguersi dagli insediamenti minori.
I nomi dei luoghi sono scritti in inchiostro nero o marrone scuro, ma talvolta con iniziali rubricate in rosso, secondo la pratica dei manoscritti medievali.
Gestione degli spazi
La rappresentazione spaziale si caratterizza per una forte distorsione longitudinale, con una compressione verticale che schiaccia la forma dei territori per adattarli al formato allungato della pergamena. La carta, infatti, è lunga circa 7 metri e alta 34 cm: un formato strettissimo e lunghissimo, che obbliga a deformare i territori.
L’Europa, l’Africa del Nord e l’Asia appaiono come una lunga fascia orizzontale, compressa in altezza, e l’Italia, ad esempio, non è “a stivale”, ma si sviluppa come una striscia verticale allungata.
Questa scelta riflette la funzione pragmatica della mappa, ovvero quella di guida itineraria, e sposta l’attenzione dalla fedeltà prospettica a una chiara distribuzione delle informazioni relative ai percorsi e alle località. La profondità tradizionale e la prospettiva non sono presenti, trattandosi di una visione schematica e planimetrica.
Composizione e inquadratura
La composizione segue un andamento orizzontale e lineare, con elementi distribuiti in fasce parallele separate da masse d’acqua. L’equilibrio è garantito dalla costanza della ripetizione di simboli e colori che guidano lo sguardo del lettore lungo la mappa.
L’inquadratura è quella di una vista a volo d’uccello deformata, studiata per ottimizzare la fruibilità e la consultazione durante il viaggio, privilegiando l’ordine e la semplicità nell’indicazione delle tappe e delle vie principali.
Tecnica e materiali
La carta originale medievale era realizzata su pergamena, costituita da pelli animali trattate, una scelta comune nel contesto di quel periodo per la sua durata e resistenza. Il manoscritto è assemblato da undici fogli di pergamena cuciti o incollati lungo i bordi, formando un rotolo lungo circa 6,7–6,8 metri e alto circa 0,34 metri. Originariamente esisteva un dodicesimo segmento, oggi mancante, che avrebbe rappresentato l’Europa occidentale.
La ristampa di Welser, invece, fu effettuata tramite la tecnica dell'incisione su rame o xilografia, a seconda delle tavole, che consentiva di riprodurre con maggiore precisione le linee e i simboli della mappa. Il supporto era la carta filigranata rinascimentale. Questa prima edizione non riproduceva tutta la lunghezza del rotolo, ma solo una parte, resa in tavole stampate a fogli separati e poi rilegati. La resa grafica rimaneva schematica e fedele all’originale, ma adattata al formato librario e alle tecniche tipografiche dell’epoca.
La Tabula Peutingeriana di Bertius rappresenta un documento di inestimabile valore per la comprensione dell'immaginario geografico dell'età moderna. Quest'opera, infatti, testimonia il fascino che il mondo antico esercitava sulla cultura europea del Seicento, in un momento storico in cui la riscoperta dell'antichità classica si intrecciava con le prime esplorazioni scientifiche del territorio.