La statua di Paride. Galleria Borghese
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La statua di Paride, situata nella sala VII della Villa Borghese, rappresenta un affascinante esempio di scultura romana del I secolo d.C., replicante un originale bronzeo attribuito allo scultore Eufranore del IV secolo a.C. Questo capolavoro è menzionato per la prima volta nel 1700, collocato nel II Recinto della Villa, in una nicchia del muro settentrionale accanto al Teatro. Successivamente, nel 1833, è registrato nella sua attuale posizione.
Chi era Eufranore
Eufranore, noto anche come Euphranor, fu un importante scultore, pittore e teorico dell'arte greca antica, attivo nel IV secolo a.C. Nato a Isthmia intorno al 390 a.C., morì ad Atene circa nel 325 a.C.
Eufranore è ricordato principalmente per le sue opere scultoree e pittoriche. Una delle sue opere più celebri è la statua di Apollo Patroos, originariamente collocata nel tempio di Apollo Patroos ad Atene. Questa statua è stata ritrovata nel 1907 nei pressi del tempio e assegnata stilisticamente a Eufranore grazie alla sua caratteristica precisione e raffinatezza nel trattamento delle superfici marmoree.
Oltre alla sua attività come scultore, Eufranore era anche un pittore di grande abilità. Purtroppo, non molte delle sue opere pittoriche sono sopravvissute fino ai giorni nostri, ma le fonti antiche ne celebrano l'abilità nel rappresentare figure umane con grande realismo e vivacità.
Paride figura centrale della mitologia
Paride, noto anche come Alessandro, è una figura centrale nella mitologia greca, famoso soprattutto per il suo ruolo nella causa scatenante della Guerra di Troia. Era figlio di Priamo, re di Troia, e di Ecuba. Alla nascita, a causa di un sogno premonitore di sua madre, che prediceva che avrebbe causato la rovina di Troia, fu abbandonato sul Monte Ida, ma sopravvisse grazie all'aiuto di un pastore che lo allevò.
Paride è noto per il "Giudizio di Paride", un episodio in cui fu chiamato a decidere quale tra le dee Era, Atena e Afrodite fosse la più bella. Le dee, per ottenere il suo favore, gli offrirono diverse ricompense: Era gli promise potere politico, Atena saggezza e vittorie in battaglia, mentre Afrodite gli offrì l'amore della donna più bella del mondo, Elena di Sparta. Paride scelse Afrodite, decisione che portò alla fuga con Elena e, di conseguenza, allo scoppio della Guerra di Troia.
La scultura
La figura di Paride è ritratta nuda, con solo un pileo – un berretto frigio – e un mantello che avvolge il braccio sinistro. Il corpo è sostenuto da un tronco d'albero, su cui si appoggia il braccio destro piegato che tiene un pomo, simbolo del giudizio di Paride. La postura è sinuosa, con il peso del corpo che grava sul piede sinistro, mentre la gamba destra è flessa e il piede sollevato. Il braccio sinistro, portato all'indietro, posa delicatamente la mano sul gluteo.
L'iconografia di Paride è arricchita dal berretto frigio e dai riccioli che incorniciano il volto rivolto verso sinistra. La bocca è leggermente dischiusa, con labbra sottili, mentre il naso e il mento sono ben definiti. La figura rispecchia le qualità morali attribuite al personaggio mitologico: giudice della bellezza, seduttore di Elena e uccisore di Achille. Plinio, nella sua "Naturalis Historia", menziona un "Alessandro Paride" in bronzo di Eufranore, da cui deriverebbero numerose varianti, inclusa la statua Borghese.
Il volto di Paride è scolpito con una calma serenità, leggermente introspezione, come se riflettesse sul momento del giudizio o sulle conseguenze delle sue azioni. Questa espressione, unita ai dettagli raffinati nei riccioli dei capelli, alla definizione muscolare e alla morbidezza delle pieghe del tessuto che drappeggia sotto al braccio, dimostra l'abilità dell’artista nel catturare la complessità delle emozioni e la delicatezza dei materiali.
La scultura di Paride dimostra una maestria tecnica nella lavorazione del marmo, con una superficie liscia e ben rifinita che accentua la qualità estetica dell’opera. L’impatto visivo della posa rilassata e dell’espressione serena conferisce una sensazione di quiete e riflessione, rendendo la scultura una rappresentazione evocativa del giovane eroe troiano. L’artista riesce a bilanciare la forza fisica di Paride con una vulnerabilità emotiva, aggiungendo profondità e complessità al soggetto rappresentato.
Critici come il Lippold hanno osservato nella replica Borghese una caratterizzazione meno evidente dei tratti fisionomici del volto. La Dacos, invece, trova somiglianze con una copia conservata alla Glyptothek di Monaco, ma ne sottolinea una resa meno curata rispetto al prototipo originale. La struttura della figura, con le sue forme anatomiche asciutte e lo stile saldo, richiama la tradizione peloponnesiaca del IV secolo a.C., pur essendo una rielaborazione del I secolo d.C.
L'opera, identificabile come "Paride ignudo col pomo in mano", è stata citata da Montelatici nel 1700 e successivamente inserita nell'Inventario Fidecommissario Borghese del 1833. Questa statua rappresenta un prezioso collegamento tra l'arte scultorea dell'antichità e la sua ricezione e reinterpretazione nei secoli successivi, evidenziando la continua ammirazione per i capolavori del passato.