Il Pantheon e le rovine nell'immaginario di Pannini: Capriccio romano, tra storia e poesia pittorica

Il Pantheon e le rovine nell'immaginario di Pannini: Capriccio romano, tra storia e poesia pittorica

Jayde Browne

Capriccio di rovine romane con il Pantheon, realizzato da Giovanni Paolo Pannini nel 1737, trasporta chi osserva in un universo sospeso tra realtà e invenzione, dove le architetture più celebri della Roma antica coesistono su uno stesso piano visivo, ignorando ogni verosimiglianza geografica.

Al centro della scena domina maestoso il Pantheon, circondato da colonne monumentali, statue classiche e resti archeologici stratificati, come urne decorate e sarcofagi di marmo. Tra queste vestigia si muovono figure umane vestite in abiti di epoca classica e settecentesca; si tratta di contadini e viaggiatori che vivono la scena con naturalezza, mentre statue e monumenti come la Colonna di Traiano arricchiscono ulteriormente il paesaggio. L’atmosfera è grandiosa e malinconica: il mito della Roma imperiale si unisce agli accenti quotidiani della vita popolare.

 

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Stile

Il dipinto rappresenta uno dei migliori esempi di capriccio architettonico, genere in cui Pannini eccelle per la straordinaria libertà compositiva e la precisione nella ricostruzione di monumenti. L’artista, profondamente influenzato dal barocco e dalle tendenze neoclassiche emergenti, fonde vedutismo e invenzione scenografica, ricombinando liberamente colonne, templi, statue e rovine secondo una logica teatrale.

L’organizzazione dello spazio prende spunto dalla formazione di Pannini come scenografo, con una prospettiva che richiama la profondità dei palcoscenici. La composizione riflette al tempo stesso il fascino per la Roma classica e la volontà di evocare un sentimento nostalgico attraverso la “bellezza ideale” delle rovine. Le figure umane inserite nel paesaggio, spesso come ascoltatori o viandanti, accentuano la dimensione narrativa e rendono viva la monumentalità dell’ambiente.

Colore e illuminazione

L’uso del colore nel capriccio crea una sinfonia di contrasti e armonie visive. Le rovine sono rese con toni caldi di ocra, terra, marrone dorato, che risaltano contro un cielo azzurro e leggero e le ombre profonde nelle cavità dei monumenti. La luce naturale, filtrata obliquamente, esalta la tridimensionalità degli elementi architettonici e guida lo sguardo attraverso le superfici texturali del marmo e della pietra. 

I personaggi e i dettagli della vegetazione sono rappresentati con tocchi di colore più vivaci, rossi, blu, verdi, che animano la scena e le conferiscono equilibrio. Il modo in cui Pannini modula luminosità e ombra restituisce una sensazione di verità e mistero: le zone illuminate invitano alla scoperta dei monumenti, quelle in ombra custodiscono tracce di storia e di tempo.

Gestione degli spazi

La gestione dello spazio nella tela mostra una padronanza prospettica derivata dall’esperienza teatrale dell’artista. I monumenti e le rovine sono disposti in successione su più livelli, creando una profondità che conduce lo sguardo dall’immediato del primo piano al vasto orizzonte aperto sullo sfondo.

L’alternanza di pieni e vuoti, la sovrapposizione di oggetti antichi e di figure popolari, insieme alla presenza di arcate e colonne disposte secondo linee diagonali, accentua la monumentalità e la vastità dell’ambiente. Gli elementi sono collocati per suggerire continuità e molteplicità, come se la storia millenaria di Roma potesse convivere in uno stesso istante visivo.

Composizione e inquadratura

Pannini sceglie una composizione regolare ma non simmetrica: il Pantheon si staglia lateralmente ma resta il punto focale, mentre la Colonna, le statue e i resti archeologici creano una cornice che danza attorno ai gruppi di figure. L’inquadratura ampia consente di abbracciare sia la monumentalità delle architetture che la quotidianità dei protagonisti, in una narrazione che si sviluppa come su una scena teatrale.

La disposizione sequenziale degli oggetti invita a un percorso visivo che attraversa il quadro, svelando dettagli e scorci inattesi a ogni passaggio. L’equilibrio tra le figure umane e i monumenti rafforza la trama narrativa, guidando lo spettatore tra bellezza idealizzata e suggestione storica.

Tecnica e materiali

L’opera è realizzata su tela con pigmenti ad olio, tecnica che permette a Pannini di accentuare la luminosità, la trasparenza degli strati pittorici e la varietà cromatica. La pennellata risulta precisa nelle architetture, più veloce e descrittiva nelle figure umane e nei dettagli vegetali. L’artista adopera velature e tocchi di colore sovrapposti per trasmettere la sensazione tattile della pietra e del marmo e per ricreare superfici usurate dal tempo. L’attenzione alla definizione dei volumi e alla resa prospettica si traduce in una profondità visiva che rafforza la sensazione di realismo scenografico, anche nell’ambito di una composizione dichiaratamente fantastica.

La scelta dei materiali consente di ottenere riflessi luminosi e sfumature che amplificano la ricchezza dettagliata dei particolari, rendendo il quadro avvincente e coinvolgente per chi lo osserva, con la sua bellezza ideale e la sua capacità di evocare l’anima eterna di Roma, valorizzando ogni dettaglio architettonico e umano.

 

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