Moda e pittura: il Novecento italiano in mostra a Palazzo Pitti in un dialogo senza tempo

Moda e pittura: il Novecento italiano in mostra a Palazzo Pitti in un dialogo senza tempo

Jayde Browne

Al Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti a Firenze va in scena un viaggio unico nel Novecento italiano che intreccia abiti, tessuti preziosi e dipinti d'autore in una narrazione inedita. La nuova selezione, ospitata in nove sale appena inaugurate, offre una panoramica di abiti emblematici, molti dei quali mai esposti al pubblico, che segnano le svolte dello stile europeo e italiano dagli anni Venti alla contemporaneità. Ogni capo racconta la storia della moda come specchio della società, con le metamorfosi del gusto, la rivoluzione femminile, i rimandi espliciti all’arte e alle correnti culturali del secolo scorso.

Il percorso si apre con l’euforia charleston delle flapper girls: abiti vaporosi, sete pregiate, ricami esotici e accenti orientali rimandano ai decori d’Oriente che hanno ispirato le prime avanguardie artistiche e i maestri della moda tra le due guerre. Fra le creazioni, spicca il dialogo con Galileo Chini, che sui tessuti e sulle tele ha trasferito la poeticità delle culture lontane e della magia decorativa. La sala dedicata agli anni Venti è una celebrazione della leggerezza e della voglia di cambiamento: vestiti che riflettono la nuova libertà della donna, impronta sociale indelebile di un’epoca affascinante.

La mostra prosegue con due sale incentrate sulla moda tra le guerre, che vede gli abiti Deco dialogare con atmosfere più austere e sofisticate. Si passa dai tagli raffinati di madame Vionnet e Schiaparelli alle silhouette rivoluzionarie di Chanel, icona indiscussa della trasformazione del femminile. Gli anni Trenta e Quaranta propongono uno stile che abbraccia una femminilità classica e tradizionale: materiali pesanti, colori sobri, linee che richiamano l’ideale della donna elegante ma composta, protagonista di una nuova modernità. L’accostamento con i dipinti di Felice Casorati dona a questi abiti una dimensione psicologica ed esistenziale, amplificando il valore simbolico del costume come narrazione sociale.

Negli spazi successivi, il racconto della moda si evolve verso il minimalismo degli anni Sessanta, con i bianchi e neri di Alberto Burri che entrano in dialogo diretto con la pulizia formale dello Space Age, i tessuti tecnici e le geometrie grafiche che anticipano la cultura pop. Le creazioni di Pierre Cardin e Capucci si impongono con architetture vibranti che trasformano il corpo in pura scultura: la moda ora non si limita a vestire, ma diventa arte e manifestazione concettuale, affiancando visivamente le ricerche pittoriche contemporanee. Nella sala dedicata agli anni Settanta ed Ottanta esplodono i colori, la fantasia e la libertà delle subculture, con le minigonne, la rivoluzione del prêt-à-porter, i grafismi, e le paillettes scintillanti di Enrico Coveri che condividono la scena con le suggestioni figurative di Yves Saint Laurent e le sperimentazioni di Capucci.

Il museo, creato nel 1983 e oggi forte di una collezione di migliaia di pezzi tra abiti e accessori dal Settecento a oggi, rinnova l’allestimento ogni anno, ruotando i pezzi dei suoi ricchissimi archivi. La volontà dei curatori, a partire dal direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde e dalla curatrice Vanessa Gavioli, è quella di immergere il pubblico in una narrazione sempre nuova che metta in dialogo abiti e opere d’arte, tessuti e pennelli, offrendo un’esperienza inclusiva e sensoriale. La moda viene riconosciuta come linguaggio visivo universale, capace di raccontare la storia della trasformazione sociale e dell’immaginario artistico, in dialogo costante con le tendenze della pittura.

Non mancano le sezioni dedicate agli abiti Medicei e ai capolavori del Sette e Ottocento, che testimoniano la lunga storia della sartoria italiana. La rotazione costante dei capi consente di far emergere dai depositi pezzi storici di valore, restaurati e proposti per la prima volta alla visione del pubblico, esaltando la pluralità dei temi trattati: dal costume di gala al corredo intimo, fino agli abiti di scena indossati da star del cinema e del teatro. Il museo si conferma come archivio vivo, capace di intercettare memorie, tendenze e futuro della moda attraverso il cambiamento dei materiali e delle visioni.

L’allestimento, tra le sale affrescate di Palazzo Pitti, amplifica la percezione del dialogo fra moda e pittura, creando uno spazio dove la storia dell’abito attraversa la storia dell’arte. Ogni vetrina è uno scrigno che racchiude storie di donne, processi di emancipazione, influenze internazionali e una ritualità che trasforma il quotidiano in straordinario. Il percorso immersivo permette di incrociare i grandi nomi del Novecento: da Chanel a Cardin, da Capucci a Saint Laurent, fino a Coveri e alle ultime sperimentazioni che portano la moda italiana sotto i riflettori internazionali.

La mostra è anche uno spazio di riflessione sulla “cultura della moda”: la sartorialità, il design, l’uso innovativo dei materiali, il valore sociale dell’abito, la connessione con le correnti artistiche. Il Novecento al Museo della Moda e del Costume si trasforma così in una narrazione fluida, capace di restituire emozioni, biografie, trasformazioni, in un intreccio che parla di passato e futuro, individualità e società.

Le collezioni ospitate sono un patrimonio culturale aperto: abiti e accessori dialogano con oggetti, quadri, arredamenti, suggestioni architettoniche. Il pubblico viene coinvolto in un racconto che esce dai canoni della semplice esposizione didattica e celebra le contaminazioni che hanno fatto del costume italiano uno degli emblemi mondiali della creatività. La visita si conclude con la promessa di nuove rotazioni e nuove storie da scoprire, in uno spazio che intreccia tradizione e innovazione e che proietta Firenze e l’Italia al centro della cultura internazionale della moda.

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