
Il Lazio del 1693: il capolavoro cartografico di Giacomo Giovanni Rossi
Jayde BrowneCondividi
La mappa del Lazio realizzata nel 1693 da Giacomo Giovanni Rossi rappresenta un documento cartografico di straordinario valore storico e artistico che immortala il territorio della regione laziale nella sua configurazione secentesca. L'opera si presenta come una rappresentazione topografica dettagliata che abbraccia l'intera estensione del Lazio, documentando con precisione scientifica la rete stradale, i nuclei abitati, i casali rurali e le tenute agricole che caratterizzavano il paesaggio dell'epoca.
La mappa rivela una complessa geografia territoriale dove Roma emerge come fulcro centrale di un sistema viario che si irradia verso tutte le direzioni cardinali. La costa tirrenica è tracciata con accuratezza lungo il margine occidentale, mentre verso oriente il territorio si estende fino ai confini con l'Abruzzo e le altre regioni limitrofe. L'atmosfera generale dell'opera trasmette un senso di ordine e completezza documentaria, tipica della cartografia scientifica del tardo Seicento, dove ogni elemento geografico viene rappresentato secondo convenzioni simboliche standardizzate.
Numerosi sono i riferimenti toponomastici che punteggiano la superficie cartografica, testimoniando la ricchezza insediativa del territorio laziale. Casali, ville, tenute agricole e borghi rurali sono distribuiti secondo la reale configurazione geografica, creando una fitta trama di informazioni che trasforma la mappa in un vero e proprio archivio territoriale dell'epoca. La scritta "Parte del Mar Tirreno" lungo il margine costiero occidentale conferma l'orientamento geografico e la precisione nella denominazione dei luoghi.
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Stile
L'opera si inserisce nella tradizione cartografica italiana del XVII secolo, epoca di grande fioritura per la produzione di mappe scientifiche e decorative. Giacomo Giovanni Rossi (1627-1691) era un incisore e stampatore italiano che lavorava a Roma, erede di un'importante attività tipografica fondata dal padre Giuseppe de Rossi (1570-1639). Lo stile riflette l'approccio scientifico della cartografia seicentesca, dove la precisione topografica si fonde con elementi decorativi tipici dell'estetica barocca.
Dalla prominente famiglia di editori, Giovanni Giacomo de Rossi era figlio di Giuseppe e fratello minore e successore dal 1653 di Giovanni Domenico. Nel 1648, alla tenera età di ventuno anni, aveva già una propria attività che produceva e pubblicava incisioni a Roma. La tecnica utilizzata è quella dell'incisione su rame, metodo prevalente per la produzione cartografica dell'epoca che garantiva precisione nel tratto e possibilità di tirature multiple.
Lo stile compositivo rivela influenze della scuola cartografica romana, caratterizzata da un equilibrio tra funzione scientifica e qualità estetica. La rappresentazione del territorio segue le convenzioni dell'epoca, con simboli standardizzati per differenziare tipologie insediative, elementi orografici e idrografici. L'approccio metodologico rispecchia l'evoluzione della cartografia seicentesca verso standard sempre più rigorosi di rappresentazione territoriale.
Colore e illuminazione
La palette cromatica della mappa si caratterizza per tonalità calde e naturali che richiamano i pigmenti tipici della cartografia seicentesca. I toni dominanti spaziano dall'ocra dorato del supporto cartaceo ai marroni seppia dell'inchiostro utilizzato per l'incisione, creando un effetto cromatico omogeneo e elegante. L'assenza di colorazioni artificiali sottolinea l'approccio documentario dell'opera, dove la leggibilità delle informazioni prevale su considerazioni puramente estetiche.
L'illuminazione della mappa non segue principi di resa tridimensionale ma privilegia la chiarezza informativa attraverso variazioni di intensità dell'inchiostro. Le zone più dense di informazioni topografiche presentano una maggiore concentrazione di segni grafici, creando naturali contrasti di intensità che guidano la lettura della carta. Questa modulazione cromatica non nasce da intenti artistici decorativi ma risponde alle esigenze funzionali della rappresentazione cartografica.
La superficie cartacea, che ha acquisito nel tempo una patina dorata caratteristica, contribuisce a creare un'atmosfera di autenticità storica che amplifica il valore documentario dell'opera. L'uniformità cromatica generale viene interrotta solo dalle variazioni di densità dell'incisione, che creano effetti chiaroscurali naturali senza ricorso a tecniche pittoriche elaborate.
Gestione degli spazi
La costruzione spaziale della mappa segue i principi della proiezione cartografica scientifica, dove la rappresentazione del territorio risponde a criteri geometrici piuttosto che prospettici. La distribuzione degli elementi geografici nello spazio cartografico riflette le proporzioni reali del territorio, mantenendo rapporti scalari coerenti tra le diverse aree rappresentate. Roma occupa una posizione centrale non solo geograficamente ma anche compositivamente, evidenziando il suo ruolo di fulcro politico e amministrativo della regione.
La profondità spaziale viene suggerita attraverso la sovrapposizione di elementi grafici e la variazione dimensionale dei simboli utilizzati per rappresentare centri abitati di diversa importanza. I rilievi montuosi sono rappresentati secondo la convenzione del profilo, tecnica che permette di suggerire la tridimensionalità senza compromettere la leggibilità delle informazioni topografiche.
La gestione dello spazio cartografico rivela un approccio sistematico nella distribuzione delle informazioni, dove ogni area del territorio riceve un trattamento grafico proporzionato alla sua importanza insediativa e alla densità delle emergenze geografiche. Questa organizzazione spaziale trasforma la mappa in uno strumento di lettura territoriale efficace e scientificamente rigoroso.
Composizione e inquadratura
La composizione della mappa segue un impianto geometrico rigoroso che privilegia la completezza territoriale rispetto a considerazioni estetiche particolari. L'inquadratura abbraccia l'intera estensione regionale del Lazio, dalle coste tirreniche ai confini orientali, garantendo una visione complessiva del territorio senza escludere aree marginali o periferiche. Questa scelta compositiva risponde alle finalità documentarie dell'opera, destinata a fornire informazioni territoriali complete e affidabili.
Si tratta di una rara mappa della provincia di Roma della fine del XVII secolo, chiamata Regione Lazio, basata sui rapporti di Giacomo Cantelli da Vignola e pubblicata a Roma nell'atlante mondiale "Mercurio Geografico" di Domenico de Rossi. Datata 1693, con dedica al Cardinale Pietro Otthobono. L'equilibrio compositivo nasce dalla distribuzione armoniosa degli elementi grafici, dove la densità informativa si concentra nelle aree di maggiore rilevanza territoriale senza creare squilibri visuali.
Il cartiglio decorativo collocato nella porzione inferiore della mappa introduce un elemento di ricercatezza estetica che bilancia il rigore scientifico della rappresentazione territoriale. Questa soluzione compositiva era tipica della cartografia dell'epoca, dove elementi decorativi e informativi si fondevano per creare opere che univano funzionalità e bellezza formale.
Tecnica e materiali
L'opera è realizzata attraverso la tecnica dell'incisione su lastra di rame, metodo predominante nella produzione cartografica del XVII secolo che garantiva precisione nel tratto e possibilità di realizzare tirature multiple mantenendo la qualità del dettaglio. La mappa antica di Abruzzo e Lazio di Giovanni Giacomo Rossi fu stampata a Roma nell'anno 1693 con il titolo: Parte Prima Terrestre del Latio, descritta da Giacomo. Il supporto utilizzato è carta di alta qualità, caratteristica delle produzioni cartografiche destinate a una clientela colta e facoltosa.
La modalità esecutiva prevedeva l'incisione diretta sulla lastra metallica, processo che richiedeva grande abilità tecnica e conoscenza approfondita delle convenzioni cartografiche. Ogni segno grafico veniva tracciato con precisione millimetrica, dalle linee principali che delineano confini e corsi d'acqua fino ai caratteri tipografici utilizzati per i toponimi. Questa tecnica permetteva di ottenere una definizione grafica superiore rispetto ad altri metodi di stampa dell'epoca.
Il processo di stampa prevedeva l'inchiostratura della lastra incisa e la pressione su carta attraverso torchi specializzati, tecnica che conferiva all'opera quella particolare qualità tattile e visiva che caratterizza le incisioni originali del periodo. La durabilità della lastra di rame permetteva di realizzare numerose copie mantenendo inalterata la qualità del tratto, fattore fondamentale per la diffusione commerciale di opere cartografiche destinate a mercati internazionali. L'expertise tecnica della famiglia Rossi nella produzione di incisioni cartografiche si riflette nella qualità esecutiva superiore dell'opera, che mantiene ancora oggi la nitidezza e la precisione originarie nonostante il trascorrere dei secoli.