La Madonna Sistina: capolavoro di Raffaello e icona universale di bellezza

La Madonna Sistina: capolavoro di Raffaello e icona universale di bellezza

Alessandro Trizio

La "Madonna Sistina" di Raffaello Sanzio è molto più di un dipinto. È una delle opere più celebri e amate della storia dell'arte, capace di ispirare generazioni di artisti, filosofi e scrittori. Quando il re Federico Augusto III accolse il dipinto a Dresda nel 1757 con l'esclamazione "Fate posto al grande Raffaello", rese omaggio non solo a un'opera d'arte, ma a una visione del divino e dell'umanità che trascende epoche e confini. È anche una fra le ultime opere di Raffaello finite completamente da lui.

 L'origine e il destino del capolavoro

Il dipinto venne commissionato nel 1512 da Papa Giulio II, uno dei più importanti mecenati del Rinascimento. Dopo che i benedettini si recarono a Roma per prendere parte alle celebrazioni legate al ritiro dell'esercito francese successivo alla battaglia di Ravenna, Giulio II potrebbe aver affidato all'artista la commissione dell'opera.

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Destinato alla Chiesa benedettina di San Sisto a Piacenza, il dipinto restò lì per oltre due secoli. La tela fu una delle ultime Madonne dipinte da Raffaello. Giorgio Vasari la definì "un'opera veramente rara e straordinaria". Solo nel 1754, i monaci vendettero l'opera al re Federico Augusto III per la considerevole somma di 25.000 scudi romani, un prezzo altissimo che permise all'ordine di sanare i propri debiti.

Dopo un viaggio difficile, il dipinto arrivò a Dresda, dove divenne immediatamente uno dei capolavori più apprezzati delle collezioni reali. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la "Madonna Sistina" fu messa al sicuro dai bombardamenti che devastarono Dresda. Tuttavia, alla fine del conflitto, venne trafugata dall'Armata Rossa e trasferita a Mosca, dove rimase per un decennio prima di tornare in Germania nel 1955. Questo lungo peregrinare contribuì a rafforzare l'aura mistica dell'opera, facendola conoscere e apprezzare anche al di fuori dei confini europei.

L’opera fece anche riflettere molti intellettuali dell’epoca per il suo “utilizzo” al di fuori dei luoghi sacri. Averla messa a disposizione della galleria di Augusto III di Polonia ha fatto pensare sul cambiamento da oggetto di devozione a oggetto di contemplazione. Un altro uso della Madonna Sistina non “consono” al suo soggetto è stato anche l’estrapolazione dei due angioletti, posti sul fondo del dipinto, come oggetto prettamente commerciale. Dal 1803 fino a Versace e Dolce e Gabbana per arrivare ad aziende di cioccolato o prodotti per la casa hanno usato senza problemi un elemento decisamente legato alla religione.

L'uso della tela al posto della tradizionale tavola, un'opzione rara per Raffaello in quel periodo, ha dato origine a diverse speculazioni, sebbene non supportate da prove concrete. Secondo Karl Friedrich von Rumohr, scrittore, storico dell’arte e disegnatore tedesco a cavallo tra 700 e 800 l'opera avrebbe potuto essere concepita come stendardo per le processioni. Un'altra teoria suggerisce che il dipinto non fosse stato creato per la chiesa di Piacenza, ma come copertura per la bara di Giulio II o come pala d'altare per il suo sepolcro. Questa ipotesi si basa sulla presenza di san Sisto, patrono di Sisto IV e della famiglia Della Rovere, e santa Barbara, invocata per il conforto nell'ora della morte, oltre ai due angioletti che potrebbero essere visti come simboli funerari. Una tradizione nata alla fine del Settecento, iniziata dal monaco Oddone Ferrari, afferma che i monaci di Piacenza avrebbero ottenuto la tela acquistandola dopo la morte di Giulio II, durante la vendita dei suoi beni. Tuttavia, i progetti per la tomba del papa, affidati a Michelangelo, non menzionano né drappi né la presenza di un'ancona.

La composizione teatrale e il messaggio universale

La Madonna Sistina è un'opera che cattura immediatamente l'attenzione dello spettatore grazie alla sua composizione scenografica. Il dipinto si dischiude come una quinta teatrale, dove un ampio panneggio verde fa da cornice all'apparizione della Vergine, che si muove verso lo spettatore tenendo tra le braccia il bambino Gesù. Entrambi guardano direttamente il pubblico, stabilendo una connessione immediata e potente tra il sacro e chi osserva. È come se la Madonna si stesse rivelando al mondo, fluttuando in un cielo di nuvole angeliche. La sua veste semplice è mossa da un vento leggero, suggerendo movimento e grazia, rendendo la scena quasi sospesa nel tempo e nello spazio.

Ai lati della Vergine, San Sisto II e Santa Barbara accompagnano la scena, accentuando la teatralità e completando la geometria della composizione. San Sisto, con la sua figura venerabile e il manto dorato, volge lo sguardo verso la Vergine, simbolizzando la devozione e la santità. Dall'altra parte, Santa Barbara, inginocchiata sulle nuvole, guarda verso i fedeli immaginari, rappresentando il legame tra il cielo e la terra. I due famosi angioletti, appoggiati distrattamente alla cornice del quadro, sembrano osservare la scena senza parteciparvi, conferendo un tocco di leggerezza e innocenza alla solennità del dipinto.

I Modelli e le fonti di ispirazione

Resta un mistero chi siano stati i modelli reali che ispirarono Raffaello per la creazione di questo capolavoro. Secondo le fonti più accreditate, la figura della Vergine sarebbe stata ispirata da Margherita Luti, conosciuta come la Fornarina, che Raffaello amò durante il suo soggiorno a Roma. San Sisto II, invece, potrebbe rappresentare le sembianze di Papa Giulio II, il committente dell'opera, come suggeriscono le ghiande roveresche ricamate sul suo piviale. Per Santa Barbara, si pensa che il modello potrebbe essere stato Giulia Orsini, nipote del pontefice, o Lucrezia Della Rovere, un'altra parente del papa.

Il Potere di attrazione della Madonna Sistina

Ma cosa rende la "Madonna Sistina" così speciale? Perché questo dipinto ha catturato l'attenzione di artisti, poeti e filosofi per secoli?

La risposta risiede nella semplicità e nella potenza della sua rappresentazione. Raffaello apre una "finestra sul cielo", presentando una Madonna giovane, vestita in modo semplice, senza corone o simboli di regalità, che tiene tra le braccia il suo bambino. Questa rappresentazione umanizzata della Madre di Dio ha toccato profondamente i cuori dei fedeli e degli appassionati d'arte, perché la figura della Vergine appare accessibile e vicina, in contrasto con altre rappresentazioni più distaccate e idealizzate.

La "Madonna Sistina" è diventata un'icona non solo della fede cristiana, ma anche della bellezza umana e spirituale. L’opera ha ispirato filosofi come Nietzsche e Heidegger, e scrittori come Goethe, che ne lodò l'armonia spirituale e umana. Il dipinto non è solo un'espressione di devozione religiosa, ma anche una celebrazione della bellezza universale che trascende la dimensione terrena e diventa simbolo di grazia divina.

Il fascino degli angioletti

Un aspetto curioso, come abbiamo già accennato, del dipinto è che, nonostante la maestosità della composizione principale, i due angioletti alla base della scena sono diventati quasi più famosi dell'opera stessa. Questi due cherubini, con le loro espressioni distratte e giocose, sono stati riprodotti in innumerevoli varianti, diventando veri e propri oggetti di culto pop. Il marchio di moda Fiorucci, ad esempio, li ha trasformati in un'icona ultra-pop negli anni '70 e '80, rappresentandoli con occhiali da sole colorati, rendendo questi angioletti simbolo di una fusione tra arte classica e cultura contemporanea.

La Madonna Sistina come rivelazione filosofica e letteraria

Nel XVIII secolo, Johann Joachim Winckelmann, un influente storico dell'arte, celebrò il dipinto nel suo scritto Geschichte der Kunst des Alterthums (1764), contribuendo a porlo al centro del dibattito culturale europeo. La critica del tempo oscillava tra la celebrazione degli elementi classici e cristiani presenti nell'opera, con l'immagine della Madonna che sembrava fondere il sacro cristiano con i riferimenti pagani.

Nel corso del XVIII secolo, prese piede una leggenda secondo cui Raffaello avrebbe ricevuto una visione divina che lo ispirò a creare la Madonna Sistina. Questa narrazione si inserisce nel contesto del Romanticismo tedesco del XIX secolo, periodo in cui l'opera divenne un simbolo spirituale, in grado di suscitare forti emozioni tra gli spettatori, tanto da essere paragonata alla sindrome di Stendhal. Anche personalità come Goethe, Wagner e Nietzsche furono influenzate dalla potenza evocativa del dipinto, mentre lo scrittore russo Dostoevskij lo descrisse come "la più grande rivelazione dello spirito umano."

Un episodio leggendario legato all'opera si verificò durante la rivolta fallita di Dresda nel maggio 1849, quando l'anarchico Mikhail Bakunin suggerì, senza successo, di esporre il dipinto di Raffaello sulle barricate per impedire ai prussiani di attaccare la città, ritenendo che non avrebbero osato danneggiare un capolavoro così prezioso. Questa vicenda fu successivamente ripresa dall'Internazionale Situazionista come esempio di come l'arte del passato potesse essere utilizzata per scopi politici contemporanei.

Nel 1855, alla Madonna Sistina fu assegnata una sala dedicata nel Neues Königliches Museum di Dresda, sottolineando ulteriormente l'importanza e l'influenza duratura del capolavoro di Raffaello.

La Madonna Sistina di Raffaello, uno dei tesori più preziosi della Gemäldegalerie di Dresda, ha avuto una storia drammatica durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Salvata dalla distruzione durante il devastante bombardamento di Dresda nel 1945, l'opera fu nascosta in un tunnel nella Svizzera sassone, insieme ad altre opere d'arte. Quando l'Armata Rossa scoprì questi tesori, li prese in custodia e li trasferì in Unione Sovietica.

Il dipinto fu temporaneamente trasferito a Pillnitz, per poi essere portato a Mosca, trasportato in una scatola coperta su un vagone. Una volta giunta nella capitale sovietica, la Madonna Sistina fece una profonda impressione sul principale funzionario dell'arte sovietica, Mikhail Khrapchenko, che affermò che il Museo Pushkin avrebbe ora potuto competere con i grandi musei del mondo. Nel 1946, la Madonna fu esposta al pubblico in una mostra limitata al Museo Pushkin, insieme ad altri capolavori recuperati dai sovietici.

Nel 1955, dopo la morte di Joseph Stalin, i sovietici decisero di restituire la collezione d'arte di Dresda, inclusa la Madonna Sistina, alla Germania dell'Est. Questo gesto fu interpretato come parte di un tentativo di rafforzare i legami di amicizia tra i popoli sovietico e tedesco. Tuttavia, la restituzione non fu priva di controversie. La stampa internazionale sostenne che molti dei capolavori erano stati danneggiati durante il periodo trascorso nei depositi sovietici, mentre le autorità sovietiche ribatterono che, al contrario, avevano salvato le opere. In particolare, si affermò che il tunnel dove le opere erano conservate aveva perso la climatizzazione a causa di interruzioni di corrente, esponendo i dipinti a condizioni di umidità.

Nonostante le tensioni, il ritorno della Madonna Sistina in Germania segnò un momento importante per il patrimonio artistico europeo e contribuì a sanare, almeno parzialmente, le ferite della guerra. L'opera di Raffaello ha continuato a influenzare profondamente l'arte e la cultura, ispirando artisti sovietici come Mikhail Savitsky e Mai Dantsig nelle loro rappresentazioni della Madonna partigiana di Minsk. Questi dipinti sovietici, pur essendo radicati nella storia locale, evocano l'iconografia e il potere simbolico della Madonna Sistina, dimostrando l'influenza duratura del capolavoro rinascimentale su diverse generazioni di artisti e culture.

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