La città di Roma nel 1700
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Roma 1703: tra scosse sismiche e splendore barocco, la Città Eterna si riscopre
Nel 1703, la città di Roma fu scossa non solo dalla potenza delle onde sismiche, ma anche dalle paure e dalle emozioni dei suoi abitanti. Il 14 gennaio di quell'anno, un terremoto di forte intensità colpì la città e le regioni circostanti, lasciando il segno non solo sulle sue mura, ma anche nel cuore della popolazione. L’evento, noto come il terremoto di Roma del 1703, ebbe effetti ben oltre i danni materiali, minando la sicurezza di una Roma che viveva nel pieno del suo splendore barocco.
Roma tra terremoti e barocco: la sfida di un Papa e di una città
In una Roma settecentesca, vibrante e luminosa, dove il barocco modellava le piazze e i palazzi, il terremoto si inserì come un segnale inquietante. Papa Clemente XI, salito al soglio pontificio nel 1700, si trovò ad affrontare una crisi che metteva a dura prova non solo la stabilità delle strutture architettoniche ma anche la fede dei suoi cittadini. A Roma i danni furono meno gravi rispetto alla devastazione che colpì L'Aquila e le valli dell'Umbria, ma il terrore si diffuse rapidamente. Molti interpretarono le scosse come un monito divino, un richiamo a una devozione più intensa.
La reazione di Clemente XI fu decisa e compassionevole: aprì le porte delle chiese ai senzatetto, fece distribuire viveri ai più bisognosi e organizzò messe di intercessione e processioni per invocare la protezione divina. Una di queste, particolarmente carica di simbolismo, passò davanti al Pantheon, dove un tuono improvviso riecheggiò, risvegliando la paura dei fedeli ancora scossi. Con prontezza, il papa riuscì a calmare la folla, interpretando il suono come un segno della potenza divina che vegliava su Roma. Un gesto che restituì speranza, rafforzando la percezione della Chiesa come faro spirituale in un momento di grande incertezza.
Il barocco romano e la fragilità della Città Eterna
Roma, nel pieno della sua stagione barocca, era un palcoscenico in cui la Chiesa recitava il ruolo di protagonista, con il Papa come regista e gli architetti come abili scenografi. La città splendeva grazie a grandi progetti, come l’ampliamento della Basilica di San Giovanni in Laterano, e all’opulenza delle decorazioni nelle chiese e nei palazzi. Ma il terremoto del 1703 rivelò anche la fragilità di tale grandezza: alcune strutture antiche e nuovi edifici cedettero, mostrando la necessità di cura e restauri. L’evento sismico stimolò una nuova consapevolezza per la conservazione del patrimonio, aprendo la strada a un crescente interesse per l'archeologia e anticipando la futura esplosione del Neoclassicismo.
Una città tra sacro e profano, tra fede e turismo
Nonostante la paura che serpeggiava nei vicoli di una città di circa 140.000 abitanti, Roma continuava a essere un polo di attrazione per pellegrini e intellettuali europei. Il barocco, con le sue curve sinuose e le facciate spettacolari, si intrecciava con un rinnovato interesse per le vestigia dell’antichità. Le processioni e le celebrazioni religiose, come quelle successive al terremoto, scandivano la vita quotidiana, rafforzando il legame tra la popolazione e la Chiesa. Allo stesso tempo, i primi segnali di una passione per l’antico annunciavano un'era di scavi e restauri che avrebbe riportato alla luce tesori dimenticati, dall’area dei Fori Imperiali alle statue classiche.
Roma era anche un crocevia di conoscenza, con la Biblioteca Vaticana e le accademie che attiravano studiosi da tutto il continente. Il Grand Tour, un’esperienza imprescindibile per i giovani aristocratici europei, portava in città personalità come Johann Joachim Winckelmann, che a Roma sviluppò una nuova estetica legata all’arte antica. Così, la Roma del Settecento si poneva come un ponte tra la grandiosità barocca e una riscoperta della classicità.
Roma in movimento: crisi e rinascita tra piazze e cantieri
Nonostante il sisma, la vitalità di Roma non si arrestò. La città continuava a espandersi e a trasformarsi, guidata da Clemente XI e dai suoi successori, che investirono in grandi opere come la costruzione della Fontana di Trevi, avviata nel 1732. Roma era un mosaico di contrasti: i fasti dei palazzi nobiliari si alternavano alla povertà dei vicoli, le piazze barocche si animavano con mercati e fiere, come quella di San Giovanni, dove mercanti e artigiani si incontravano in un vivace scambio.
Ma le trasformazioni non erano solo estetiche. Il terremoto del 1703 aveva insegnato ai romani a vedere la città con occhi nuovi, a considerare la bellezza come qualcosa di fragile, da proteggere e custodire. E così, tra sacro e profano, tra le scosse della terra e i bagliori dell'arte, Roma affrontava il nuovo secolo, sospesa tra il desiderio di rinnovamento e il rispetto per la sua gloriosa eredità.
Un secolo di cambiamenti
Il terremoto del 1703 rappresentò solo un episodio nel lungo cammino di trasformazione che Roma attraversò nel Settecento. Tra gli echi delle scosse e il fervore dei cantieri, la città si preparava a entrare nell’Era Moderna, conservando l’anima barocca ma aprendosi anche alla riscoperta dell’antico e alle prime intuizioni dell’Illuminismo. Roma restava un simbolo, un centro di spiritualità e cultura, dove ogni angolo raccontava una storia e ogni pietra ricordava che, come il Pantheon dopo il tuono, la città eterna sapeva sempre risollevarsi.