Dal Rinascimento a Cracovia: La Storia e l'Arte della Dama con l'Ermellino
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"La Dama con l'Ermellino" di Leonardo da Vinci, realizzata tra il 1489 e il 1490, è un ritratto che cattura l'eleganza e il mistero di Cecilia Gallerani, la giovane amante di Ludovico Sforza, detto il Moro, reggente e futuro Duca di Milano. La Dama con l’Ermellino è una delle pochissime opere di Leonardo che ritraggono una donna. Molte sono andate perdute.
La Dama con l'ermellino è ora conservata al Museo Czartoryski di Cracovia , ed è uno dei tesori nazionali della Polonia. Adam Jerzy Czartoryski, figlio di Izabela Czartoryska, divenne proprietario della Dama con l'ermellino attraverso le acquisizioni della sua famiglia. Fu sua madre, Izabela, a costituire la collezione d'arte della famiglia Czartoryski all'inizio del XIX secolo, con l'intento di preservare il patrimonio culturale polacco. La Dama con l'ermellino entrò a far parte di questa collezione intorno al 1800, quando Izabela la acquistò probabilmente in Italia, insieme ad altre opere d'arte, per esporla nel Museo Czartoryski fondato a Puławy.
L’opera
L'opera raffigura una giovane donna ritratta a mezza figura, con il corpo girato verso destra ma il volto rivolto a sinistra, creando un dinamico gioco di prospettive e movimento. Questo effetto è ulteriormente enfatizzato dalla torsione dell'animale che tiene in braccio, un ermellino, che si muove in modo complementare alla figura della donna. Questo contrasto tra le pose, detto "contrapposto", era una tecnica già esplorata da Leonardo, ad esempio nella figura dell'angelo nella Vergine delle Rocce.
La tecnica del contrapposto nei dipinti, così come nella scultura, è un espediente artistico che si utilizza per dare maggiore realismo e dinamismo alle figure. Consiste nel raffigurare il corpo umano in una posizione asimmetrica, con il peso spostato su una gamba e l'altra rilassata, creando una torsione naturale del busto. Questo gioco di opposizioni tra le diverse parti del corpo, ad esempio tra le spalle e i fianchi, genera un senso di movimento, pur in una figura statica.
Nata nell'arte classica greca, la tecnica è stata ampiamente ripresa dagli artisti del Rinascimento, come appunto Leonardo da Vinci, che la usavano per dare alle figure una maggiore vitalità e un effetto tridimensionale. Nel caso dei dipinti, il contrapposto non riguarda solo la posizione del corpo, ma può anche interessare il rapporto tra il corpo e la testa, che può essere girata in direzione opposta rispetto al resto del corpo, come si vede ne La Dama con l'ermellino. Questa tecnica aiuta a rendere i soggetti più naturali e realistici, rompendo la rigidità delle rappresentazioni frontali o simmetriche.
La struttura del dipinto
Il dipinto è stato preparato con uno strato di gesso bianco seguito da una pittura di fondo brunastra, una pratica comune per Leonardo. La stesura del colore è uniforme e ricorda quella utilizzata per la celebre Monna Lisa, sebbene in alcune aree, come la pelle della donna, la pittura appaia più stratificata per ottenere effetti di profondità e morbidezza. Un'ulteriore particolarità dell'opera sono i sottili segni di "spolvero", visibili in diverse aree, come il contorno del viso e della testa, nonché tracce di disegno sottostante, evidenti nel braccio e nella mano destra, nella mano sinistra, nella parte superiore del naso e nel bordo dei capelli. Inoltre, sono presenti impronte digitali sull'ermellino e sul viso della donna, un dettaglio che si riscontra spesso nei dipinti di Leonardo, rivelando il suo approccio diretto e tattile alla pittura.
I segni di spolvero nei dipinti ad olio sono tracce lasciate da una tecnica di trasferimento del disegno preparatorio sulla superficie da dipingere. Questa tecnica consiste nel realizzare il disegno su un foglio di carta, che viene poi forato lungo i contorni con piccoli fori. Successivamente, il foglio viene appoggiato sulla superficie del supporto (tela, legno o altro), e una polvere scura, come carbone o grafite, viene strofinata attraverso i fori. In questo modo, la polvere passa attraverso i fori, lasciando una leggera traccia sul supporto, che serve da guida per il pittore.
La tavola di legno utilizzata per il dipinto è un unico pezzo di noce, un materiale che Leonardo preferiva, anche se non era comunemente impiegato dagli altri artisti lombardi dell'epoca. Il pannello è molto sottile, con uno spessore di soli 4-5 millimetri, e gli studiosi ritengono che possa provenire dallo stesso albero utilizzato per un altro celebre ritratto di Leonardo, La Belle Ferronnière. Quest'ultimo è legato a La Dama con l'ermellino non solo per il supporto in legno, ma anche per lo sfondo nero, una caratteristica che accomuna queste opere e il Ritratto di musicista, creando una sorta di continuità stilistica e compositiva nei ritratti leonardeschi dell'epoca.
Il dipinto, inizialmente considerato danneggiato e ridipinto in varie parti, è stato rivalutato da esperti recenti come Frank Zöllner, che lo descrivono in ottime condizioni, simili a quelle della Monna Lisa. In passato, studiosi come Kenneth Clark avevano sostenuto che gran parte del dipinto fosse stato ridipinto, ma un'analisi tecnica del 1992 ha confermato che i danni erano limitati allo sfondo. Originariamente di un grigio-bluastro, lo sfondo fu ridipinto di nero nel XVIII secolo, e la firma "LEONARD D'AWINCI" fu probabilmente aggiunta in quel periodo. Sono presenti lievi sovra pitture su naso e bocca, forse opera di Eugène Delacroix. L'idea che lo sfondo contenesse una finestra è stata smentita da studi successivi. Secondo Martin Kemp, il dipinto mostra la freschezza della pittura di Leonardo durante il suo periodo alla corte degli Sforza.
L’identità della Dama
Il soggetto del dipinto è stato identificato con ragionevole certezza come Cecilia Gallerani, l'amante di Ludovico Sforza, duca di Milano e datore di lavoro di Leonardo. Cecilia guarda verso sinistra, fuori dall'inquadratura, dove secondo il biografo Walter Isaacson potrebbe trovarsi Ludovico. Il suo abbigliamento, uno stile spagnolo in voga all'epoca, include una bernia di seta sulla spalla sinistra e una fascia d'oro ricamata su un abito di velluto, semplificata da Leonardo per evitare complicazioni compositive. La sua acconciatura, detta coazzone, raccoglie i capelli con una lunga treccia e dettagli come un velo di garza e fili d'oro.
Il dipinto segue una composizione a spirale piramidale, tipica di Leonardo, con Cecilia colta nel movimento di girarsi verso sinistra, a testimonianza dell'interesse dell'artista per la dinamica del movimento. Il poeta di corte Bernardo Bellincioni suggerì che Cecilia sembrasse in ascolto di un oratore invisibile, e Leonardo, con particolare maestria, dipinse la sua mano con grande realismo, rappresentando dettagli come le unghie, le linee delle nocche e i tendini in tensione.
Recenti studi hanno avanzato un'ipotesi alternativa, che vede in questo ritratto un'allegoria della forza d'animo e della bellezza di Caterina Sforza, la "leonessa di Romagna", legandola al mito delle Amazzoni, eroine della mitologia. Questa lettura rimane minoritaria, ma offre una nuova interpretazione simbolica del dipinto.
Cecilia Gallerani
Cecilia Gallerani nacque in una famiglia non nobile, fatto evidenziato dal suo abbigliamento semplice nel ritratto. Questo particolare è significativo, poiché la maggior parte delle donne ritratte dai grandi maestri dell'epoca proveniva dall'alta aristocrazia e indossava abiti riccamente decorati. Nonostante le sue origini modeste, Cecilia si distinse a corte per la sua intelligenza, educazione e bellezza, qualità che la portarono ad avvicinarsi sempre più a Ludovico Sforza.
Grazie alla sua profonda conoscenza della letteratura e alla sua abilità nello scrivere versi in latino e italiano, Cecilia divenne una figura intellettuale ammirata. Spesso veniva elogiata per il suo spirito acuto e definita una "grande luce della lingua italiana", tanto da essere paragonata a Saffo, la celebre poetessa greca dell'antichità. Questi talenti, insieme alla sua bellezza, la resero una delle favorite di Ludovico, che la scelse come sua amante.
Nonostante il duca fosse promesso sposo a Beatrice d'Este, il rapporto tra Ludovico e Cecilia rimase forte per molti anni. Nel 1491, lo stesso anno in cui Ludovico si sposò ufficialmente con Beatrice, Cecilia diede alla luce il figlio del duca, Cesare. Dopo la fine della relazione con Ludovico, Cecilia sposò il conte Lodovico Carminati de Brambilla, conosciuto anche come Ludovico Bergamino. La vita di Cecilia continuò nell'ambiente milanese, dove abitò a Palazzo Carmagnola, una residenza donata dal duca al figlio Cesare.
Cecilia conservò il ritratto della "Dama con l'ermellino" nelle sue stanze private, segno dell'importanza di quell'opera non solo per la sua bellezza artistica, ma anche per il profondo valore personale che rappresentava. Cecilia Gallerani morì nel 1536.
I simboli della Dama con l’Ermellino
Il ritratto di Cecilia Gallerani però non è solo uno dei capolavori più noti del Rinascimento, ma anche un'opera carica di simbolismo e significati nascosti, che riflette la vita, gli affetti e il ruolo della giovane donna alla corte di Ludovico Sforza. La scelta dell'ermellino, animale insolito da ritrarre, non è casuale e racchiude diverse letture legate all'amore, alla politica e alla mitologia.
Ludovico Sforzaera conosciuto come il "Bianco Ermellino", titolo conferitogli dal re di Napoli nel 1488 con l'ingresso nell'Ordine dell'Ermellino, un'onorificenza cavalleresca. L'animale nelle braccia di Cecilia potrebbe quindi simboleggiare proprio Ludovico, alludendo al loro legame personale e alla protezione che il duca garantiva alla giovane. L'ermellino, infatti, era storicamente associato alla purezza e al potere, ma anche alla fedeltà, rafforzando così l'idea di un ritratto non solo estetico, ma profondamente intimo.
Esiste anche una connessione fonetica tra Cecilia e l'animale: la prima parte del suo cognome, "Galé", ricorda il termine greco "galé", che significa donnola o ermellino. Questo gioco di parole potrebbe aver ulteriormente motivato Leonardo nella scelta dell'ermellino, rendendo l'animale un doppio simbolo: da una parte rappresentava il duca, dall'altra alludeva direttamente a Cecilia, legando indissolubilmente i due amanti attraverso il linguaggio e l'immagine.
L'ermellino ha anche una forte connotazione mitologica. Nella leggenda greca, la figura di Galantide, ancella di Alcmena, fu trasformata in un ermellino dalla dea Era come punizione per aver aiutato Alcmena a dare alla luce Eracle. Questo riferimento mitico potrebbe essere un velato richiamo alla gravidanza di Cecilia: nel 1491, infatti, poco prima che Ludovico sposasse Beatrice d'Este, Cecilia diede alla luce il figlio del duca, Cesare. L'ermellino potrebbe dunque suggerire il ruolo protettivo che Ludovico assunse nei confronti della sua amante e del loro figlio.
In vecchiaia, Leonardo compilò un bestiario in cui annotò: "L'ermellino per moderazione non mangia mai che una volta al giorno, e preferirebbe lasciarsi catturare dai cacciatori piuttosto che rifugiarsi in una tana sporca, per non macchiare la sua purezza". Ripete questa idea in un'altra nota: "La moderazione frena tutti i vizi. L'ermellino preferisce morire piuttosto che sporcarsi". Un disegno di Leonardo a penna e inchiostro del 1490 circa, conservato al Fitzwilliam Museum di Cambridge, raffigura un ermellino che rappresenta questi ideali arrendendosi a un cacciatore.
Svolta nella storia dell’arte
Oltre al suo valore simbolico, la "Dama con l'ermellino" è considerata una svolta fondamentale nella storia dell'arte. Leonardo superò i canoni tradizionali dell'epoca, dove i ritratti femminili erano spesso statici e in pose rigide. La postura di Cecilia, con il corpo e lo sguardo rivolti verso qualcosa di esterno al campo visivo, conferisce alla figura un senso di movimento e vitalità inedito. Il soggetto non è confinato in uno spazio immobile, ma sembra parte di una scena più ampia, un approccio che segnò l'inizio del ritratto moderno.
Le vicissitudini del dipinto
Il dipinto ha vissuto una storia affascinante e travagliata, soprattutto durante il XIX e XX secolo. La sua odissea ha seguito i percorsi tortuosi della storia europea, in particolare quelli della famiglia Czartoryski, che ne fu custode per lungo tempo. Durante la rivolta di novembre del 1830, la principessa ottantaquattrenne Izabela Czartoryska prese la decisione di salvare l'opera prima dell'invasione russa, nascondendola e inviandola al palazzo di famiglia a Sieniawa, situato a circa 150 chilometri a sud. In seguito, il dipinto fu trasferito a Parigi, presso l'Hôtel Lambert, residenza d'esilio della famiglia Czartoryski.
Dopo un lungo esilio, la famiglia fece ritorno in Polonia nel 1869 e si stabilì a Cracovia. Tuttavia, a causa delle turbolenze politiche e sociali dell'epoca, incluse l'occupazione tedesca di Parigi nel 1871 e la Comune, i Czartoryski decisero di riportare il dipinto a Cracovia solo nel 1876. Pochi anni dopo, nel 1878, fu aperto il Museo Czartoryski a Cracovia, dove l'opera trovò una casa stabile per alcuni decenni.
Durante la Prima guerra mondiale, il dipinto fu trasferito temporaneamente alla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda per essere custodito in sicurezza, ma nel 1920 tornò nuovamente a Cracovia. La situazione si complicò ulteriormente con l'inizio della Seconda guerra mondiale. Anticipando l'occupazione nazista della Polonia, l'opera fu portata di nuovo a Sieniawa, ma i tedeschi la scoprirono e la inviarono al Kaiser Friedrich Museum di Berlino. Hans Frank, governatore generale della Polonia occupata, vide il dipinto a Berlino e ordinò che venisse restituito a Cracovia, dove fu appeso nei suoi uffici al castello di Wawel. Da lì, il dipinto fu spostato a Breslavia e poi riportato a Cracovia nel 1943.
Alla fine della guerra, l'opera fu scoperta dalle truppe alleate nella casa di campagna di Hans Frank a Schliersee, in Baviera, e nel 1946 fu restituita alla Polonia, dove tornò al Museo Czartoryski. Nel corso del XX secolo, il dipinto viaggiò più di qualsiasi altra opera di Leonardo da Vinci, essendo esposto in città come Varsavia, Mosca, Washington, Malmö, Roma, Milano e Firenze. Il suo status di capolavoro lo portò a essere richiesto in numerose mostre internazionali.
L'opera rimase esposta al Museo Czartoryski fino alla chiusura della struttura per lavori di ristrutturazione nel 2010. Tra il 2017 e il 2019 fu esposta temporaneamente al Museo Nazionale di Cracovia, per poi tornare nella sua sede storica al Museo Czartoryski il 19 dicembre 2019, in occasione della riapertura del museo. Questa vicenda di continui spostamenti riflette non solo la bellezza e il valore del dipinto, ma anche le vicissitudini storiche di un'Europa spesso divisa e in conflitto.
Il museo Czartoryski
Il Museo dei Principi Czartoryski, situato a Cracovia, è uno dei più antichi e prestigiosi musei della Polonia, con una storia strettamente legata alle vicissitudini della famiglia Czartoryski e agli eventi storici del Paese. Fondato originariamente nel 1796 dalla principessa Izabela Czartoryska a Puławy, il museo nacque con l’intento di preservare e onorare la cultura e la storia polacca attraverso una collezione di opere d’arte e manufatti storici.
La prima collezione del museo fu in gran parte distrutta dopo la fallita rivolta del novembre 1830 contro l'occupazione russa. Le proprietà della famiglia furono confiscate, ma molti tesori del museo furono salvati e trasferiti in Francia, presso l’Hôtel Lambert a Parigi, residenza in esilio dei Czartoryski. Nel 1870, il principe Władysław Czartoryski, figlio di Izabela, decise di riportare la collezione in Polonia, scegliendo Cracovia come nuova sede. Le opere giunsero nella città nel 1876, e il museo aprì ufficialmente al pubblico nel 1878.
Tra le opere d’arte più preziose del museo spicca ovviamente la Dama con l'ermellino. La collezione, tuttavia, non si limita a questa iconica opera, ma include anche due dipinti di Rembrandt e una vasta gamma di antichità, sculture, arazzi rinascimentali e arti decorative. Altri artisti di rilievo presenti nel museo sono Hans Holbein il Giovane, Pieter Brueghel il Giovane, Andrea Mantegna, Lorenzo Lotto e Lucas Cranach il Giovane, solo per citarne alcuni. Questi capolavori rappresentano una parte fondamentale del patrimonio culturale europeo, coprendo un arco temporale che va dal Rinascimento fino al Barocco.
Dopo la chiusura della struttura principale nel 2010 per un’importante opera di restauro, il museo ha riaperto al pubblico nel dicembre 2019. Durante il periodo di chiusura, diverse opere della collezione sono state esposte in altre sedi, sia in Polonia che all'estero. La riapertura del museo ha segnato un importante momento di rinascita per questa istituzione, che continua a rappresentare uno dei cuori pulsanti della cultura e dell’arte a Cracovia, attirando migliaia di visitatori da tutto il mondo.
Oltre al suo valore artistico, il Museo Czartoryski racconta la storia di una famiglia che ha giocato un ruolo fondamentale nella storia polacca.