Guido Reni: 12 milioni di euro per il Davide ritrovato

Guido Reni: 12 milioni di euro per il Davide ritrovato

Eleonora Antonini

Lo scorso 25 Novembre la casa d’aste Artcurial, ha venduto l'olio su tela di Reni risalente all'inizio del XVII secolo "Davide che contempla la testa di Golia" per 12,39 milioni di euro (commissioni incluse), superando di gran lunga il precedente record d'asta dell'artista. 
La stima pre-asta dell'opera era di soli 2-4 milioni di euro ed il suo acquirente sarebbe un collezionista privato europeo.

Il precedente record di Reni risale ad un'asta londinese di Sotheby's del 2008, quando "Il Martirio di Sant'Apollonia", un olio su rame, fu venduto per 1,8 milioni di sterline.


Il quadro è stato oggetto di dibattito negli ultimi anni, considerato che esistono circa sei versioni dell'opera che variano per composizione, esecuzione ed attribuzione.

Davide che contempla la testa di Golia fa infatti parte di un gruppo di versioni e varianti del soggetto tra cui quelle conservate al Louvre e al Musée des Beaux-Arts di Orléans.
La tela appena venduta segue il cosiddetto "tipo Louvre", con la testa di Golia rivolta verso destra, e mostra come Guido Reni abbia sviluppato un linguaggio personale a partire dal chiaroscuro caravaggesco enfatizzando poi la nobiltà e la malinconia dell'eroe. 


"Reni amava il piacere della variazione", afferma Corentin Dury, curatore della collezione di Antichi Maestri del Musée des Beaux-Arts d'Orléans e colui che possiede quella che oggi è considerata da molti la più antica versione autografa del dipinto.

Fino a poco tempo fa, una versione conservata nella collezione del Louvre era considerata "più importante", afferma Dury, ma l'analisi ed il confronto con un disegno di una collezione britannica hanno portato ad un cambiamento di opinione.
Sempre secondo Dury, l'opera da record era già nota, ma era considerata "solo una copia".

Eric Turquin, rappresentante di uno studio specializzato nella perizia di dipinti antichi con sede in Francia e che ha contribuito a portare l'opera all'asta, non è d'accordo. 
Sostiene che il suo studio abbia indagato su una pista relativa all'opera all'inizio di quest'anno, quando era esposta in un castello nella Francia occidentale, e che sia stato quindi responsabile diretto della "scoperta" del dipinto.

Turquin non concorda inoltre con l'opinione di Dury sull'importanza della versione del museo di Orléans, in cui Davide è raffigurato mentre fissa direttamente la testa gigante del Golia sconfitto.

La versione del Louvre e quella venduta ieri sono piuttosto simili tra loro e mostrano la testa di Golia girata al contrario.

Turquin, che ha partecipato all'asta, ritiene che le versioni del Louvre e di Artcurial "siano state probabilmente create insieme" e non ha dubbi sull'importanza dell'opera da record, il che "ne spiega il prezzo".

Gli studiosi sono comunque concordi nel considerarlo una tappa fondamentale tra il realismo drammatico dei suoi esordi romani e l'eleganza più classica della sua maturità.

Secondo le ricerche storiche, il dipinto appartenne al duca Francesco I d'Este, prima di entrare nella collezione del principe Eugenio di Savoia, per poi essere riportato in Francia alla fine del XVIII secolo durante le campagne d'Italia.

Scomparve poi dalla scena pubblica per quasi 230 anni, tramandato attraverso i discendenti di un ufficiale francese finché un erede contattò la ditta Turquin senza rendersi conto dell'importanza del dipinto.
Fonti d'archivio menzionano anche l'altissimo prezzo richiesto da Reni per questo soggetto del David, il che sottolinea già nel XVII secolo l'eccezionalità di questa composizione all'interno della sua opera.

Guido Reni (1575–1642) nacque a Bologna e fu uno dei protagonisti assoluti della pittura italiana del Seicento. 
Formatosi nella bottega di Denijs Calvaert, la sua carriera prese una svolta decisiva quando entrò nell’Accademia dei Carracci, dove affinò un linguaggio che univa eleganza classica, equilibrio compositivo ed una straordinaria attenzione alla grazia delle figure.

Tra i suoi mecenati ha figurato l'influente famiglia Borghese, anche se i critici modernisti in seguito liquidarono le sue opere, in particolare le sue Madonne con lo sguardo rivolto verso l'alto, come vicine al kitsch.
Gli studiosi del XXI secolo hanno mostrato invece un rinnovato interesse per la sua finezza e abilità tecnica, dando successivamente vita ad importanti mostre museali che ne hanno riabilitato la reputazione artistica.

Il dipinto è un grande olio su tela di 227×145,5 cm creato in un periodo in cui Reni stava assorbendo le ultime innovazioni caravaggesche a Roma, dove arrivò all’inizio del Seicento, giovane ma già riconosciuto come uno dei talenti più promettenti dell’eredità bolognese.

La città, allora cuore pulsante dell’arte barocca, era un vortice in cui convivevano ambizioni, rivalità ed una rete di committenze ecclesiastiche sempre a caccia di nuovi protagonisti.

Qui trovò lo spazio ideale per definire una poetica personale, anche se la sua Roma fu complessa: un luogo che da un lato gli offrì prestigio ed incarichi cruciali mentre, dall’altro, mise a dura prova la sua indole sensibile e spesso turbata dal clima competitivo che pervadeva le botteghe e le corti.

Lavorò anche per la famiglia Barberini realizzando opere fondamentali come l’”Aurora” di Palazzo Pallavicini Rospigliosi.


In questo contesto prese forma il Davide e Golia, una delle opere più emblematiche della sua prima maturità romana.

La tela riflette perfettamente la sua ricerca di bellezza ideale, costruita su linee pulite, armonie misurate ed una gestione della luce meditata.
La scelta di questo tono elevato, quasi classico, rispondeva anche all’esigenza di distinguersi in una Roma dominata dalla forza emotiva del caravaggismo.
La sua vita romana, segnata da rapporti difficili con i protettori e da una crescente fama, alimentò il suo bisogno di costruire un linguaggio pittorico più puro e controllato.

Davide e Golia divenne così non solo un episodio della sua produzione, ma un manifesto della sua visione: una risposta elegante e spirituale alle correnti più crude della città e insieme la prova della sua capacità di imporsi come uno dei protagonisti assoluti della stagione artistica romana.


Sulla tela, Davide è in piedi, in un atteggiamento raccolto e quasi meditativo, mentre contempla la testa mozzata del gigante, lontano da qualsiasi pathos trionfalistico.

Qui Reni non si limita infatti ad illustrare l’episodio biblico ma lo pulisce, lo raffina, lo mette in posa come se anche la violenza dovesse avere il buon gusto di essere elegante. 

Davide è postura e luce: il suo volto limpido, quasi distaccato, trasforma la vittoria in una dimostrazione di superiorità più spirituale che fisica e l'autore sembra dirci che la forza non serve quando si possiede la grazia.
È quella sua ossessione per la bellezza ideale, la stessa che mandava in crisi i colleghi più terreni, incapaci di capire come potesse rendere armonioso perfino un colpo mortale.

Poi c’è Golia, ridotto ad un’ombra tragica, un contrappunto di carne e caduta.
Non interessa il sangue, interessa il peso morale del gigante che crolla e tutto è equilibrio e teatralità calibrata con un’attenzione quasi maniacale. 
Ciò che ci inchioda davanti a quest'opera non è solo la vittoria del piccolo sul gigante, ma lo sguardo: non c’è trionfo sfacciato negli occhi di Davide, solo una malinconica consapevolezza. 
L'arte qui smette di raccontare il mito ed inizia a raccontare l'uomo: fragile, brutale e, nonostante tutto, capace di guardare il proprio "mostro" con pietà.

E' celebre la straordinaria capacità di Reni di trasmettere emozioni attraverso i suoi dipinti ed è visibile -come in tutti suoi capolavori- l’emotività che si manifesta nei gesti delicati, negli sguardi intensi e nelle espressioni dei volti capaci di raccontare drammi interiori e stati d’animo profondi. 
Modulava luci e ombre per enfatizzare il pathos, creando atmosfere che coinvolgono lo spettatore in un’esperienza emotiva immediata a prescindere che siano scene religiose o mitologiche, facendo dell’emozione la vera protagonista di ogni opera.

La vendita spettacolare riflette non solo il rinnovato interesse accademico e di mercato per l'opera di Reni, ma anche i dibattiti in corso sull'attribuzione e sul significato artistico che continuano a plasmare il mercato degli Antichi Maestri, dimostrando di conseguenza come la rivalutazione accademica possa avere un impatto significativo sul valore commerciale delle opere d'arte storiche trasformando una "copia" precedentemente scartata in un capolavoro multimilionario.

Il “Davide che contempla la testa di Golia” non è quindi solo un quadro bello e importante: è il simbolo di come un’opera d’arte possa cambiare destino mille volte a seconda di chi la guarda, di chi la studia e perfino della fortuna.
È anche quasi una storia da romanzo, se ci pensiamo bene:  un quadro viaggia da una corte ducale al salotto di un ufficiale francese, poi sparisce dalla scena pubblica per più di due secoli e infine ritorna sotto i riflettori.

Ricordandoci una cosa semplice: molte opere antiche hanno ancora segreti da raccontare e non servono grandi paroloni per capirlo, basta osservare come cambiano le idee, le attribuzioni, i giudizi e perfino i prezzi.


Oggi questo quadro è visto come un punto chiave nella vita di Guido Reni, un momento in cui l’artista cresce, prova, cambia stile e trova una sua voce in mezzo al caos creativo della Roma del Seicento.
Forse è proprio questo il motivo per cui ha colpito così tanto anche il pubblico moderno:
dentro quella scena silenziosa, in quel giovane fermo davanti al gigante sconfitto, c’è qualcosa di universale che parla a tutti. 

La "redenzione" di Reni segna un punto di svolta nel gusto collezionistico attuale, che torna a cercare con avidità quella bellezza ideale e quella finezza tecnica che la critica moderna aveva spesso rigettato.
In quel Davide che non esulta, ma riflette, c’è forse la risposta silenziosa, elegante e potente al rumore confuso del nostro tempo.

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