Fattori 200: la grande mostra di Livorno che rilancia il maestro dei Macchiaioli

Fattori 200: la grande mostra di Livorno che rilancia il maestro dei Macchiaioli

Jayde Browne

Nel bicentenario dalla nascita di Giovanni Fattori (6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908), Livorno rende omaggio ad uno dei suoi artisti più straordinari con una grande mostra, un progetto dedicato all’artista e alla città e un percorso dentro Livorno per scoprire i luoghi del pittore.

La mostra, Giovanni Fattori. Una rivoluzione in pittura, curata dallo storico dell’arte Vincenzo Farinella, si terrà tra Villa Mimbelli, sede del Museo civico “G. Fattori” e i locali dei Granai di Villa Mimbelli, dal 6 settembre 2025 all’11 gennaio 2026 con oltre 200 opere. 

Un percorso espositivo diviso in sezioni che dimostra la visione libera di un artista che ha saputo raccogliere gli insegnamenti della pittura italiana e i fondamenti del disegno senza mai imitare alcuno stile, cercando sempre una via personale e autentica, lontana dai clamori e dalla retorica perché “l’arte libera soddisfa e consola e distrae”. 

Giovanni Fattori nacque il 6 settembre 1825 a Livorno. Fin da piccolissimo dimostrò di avere un talento fuori dal comune per il disegno, tant'è che suo padre decise di mandarlo a scuola da un pittore, Giuseppe Baldini, all'età di 15 anni. Proprio nella bottega di Baldini che Fattori iniziò a definire un suo stile personale. All'età di 21 anni, Fattori lasciò la sua Livorno per andare a Firenze e iscriversi all'Accademia di Belle Arti. Purtroppo il suo percorso scolastico fu altalenante; da una parte c'erano i problemi economici che lo costrinsero a lavorare e trascurare le lezioni, dall'altro il momento storico. Nel 1848, prese parte ai moti risorgimentali. Fattori credeva nell'Unità d'Italia e le sue tele raccontano non solo la sua passione politica, ma anche alcuni fatti storici di cui fu protagonista.

Sicuramente, ciò che ha segnato di più il suo percorso professionale, fu l'assedio della sua città d'origine, Livorno, da parte degli austriaci. Questa battaglia fece crescere in lui il patriottismo e la voglia di libertà. Ma non furono solo i conflitti con l'Austria a interessarlo. Fattori leggeva moltissimo e amava la letteratura classica. Per questo motivo nel 1850, entrò in un giro molto esclusivo, fatto di artisti anti-accademici che si ritrovavano al Famoso Caffè Michelangelo di Firenze.

Lasciò questo circolo nel 1852 per iniziare la sua attività professionale in modo completamente autonomo. Fu il momento della svolta, per Fattori, che si fece strada con i ritratti di famiglia, i paesaggi e le vignette. In questo periodo fondò, insieme a Telemaco Signorini, pittore fiorentino agli esordi, incontrato al Caffè Michelangelo, il movimento dei macchiaioli.

Il 4 giugno 1859 scoppiò la Battaglia di Magenta, uno degli episodi più celebri della seconda guerra d'indipendenza italiana. L'evento segnò profondamente i due artisti, tant'è che Fattori dipinse uno dei quadri più importante della sua carriera (che prende il nome proprio dallo scontro tra austriaci e franco-piemontesi): la tela però non ritrae il conflitto, bensì il ritorno dei feriti dopo la battaglia. In quest'opera, Fattori lasciò da parte la passione politica per mettere in risalto le emozioni e il lato umano della guerra.

Agli inizi degli anni Sessanta, Fattori tornò a casa, nella sua Livorno. In questa fase della sua vita, Fattori sposò la sua fidanzata, Settimia Vannucci che frequentava già da sei anni. Il matrimonio non durò molto, perché a un anno dalle nozze Settimia si ammalò di tubercolosi, per poi morirne nel 1867. Fattori continuò a dipingere, nonostante il dolore fortissimo. Sono molte le opere che ritraggono la donna, a partire da "Ritratto della prima moglie" a "La Rotonda di Palmieri".

Intanto gli umori politici nel Paese cambiarono. Nel 1861 venne dichiarato il Regno d'Italia, ma senza quel rinnovamento che il pittore aveva tanto sperato. Fu un momento difficile, di delusione ma anche di amarezza. In questo periodo, l'artista trovò conforto nell'amico Diego Martelli. Fattori andava spesso a trovarlo a Castiglioncello, e in questi viaggi iniziò a dipingere la Maremma.

La sua carriera giunse a una svolta nel 1869, quando venne nominato professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Negli anni Settanta coltivò la sua passione per la pittura estera e si recò anche a Parigi. In questo periodo in Francia era sbocciato il movimento impressionista ma Fattori non ne fu sedotto. Nelle sue opere, tornò invece in modo prepotente il tema sociale: nel 1880 (periodo molto produttivo) portò a termine la tela "La Battaglia di Custoza".

Nel 1885, infatti, conobbe Marianna Bigazzi (allora vedova), e quest'ultima qualche anno dopo diventò sua moglie. Intanto la sua carriera continuò a raccogliere enormi successi e nel 1890, dopo aver esposto nelle gallerie più importanti d'Italia, ricevette una menzione speciale all'Esposizione Universale di Parigi. Fattori collezionò riconoscimenti internazionali e produsse magnifiche acqueforti e incisioni. Nel 1903 perse la sua seconda moglie. Ma quattro anni dopo, a Roma, incontrò Fanny Martinelli, la sua terza moglie. Giovanni Fattori morì a Firenze il 30 agosto 1908, a 82 anni di età, a pochi mesi di distanza da sua moglie.

Quando Fattori entrò all'Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1846, l'istituzione era ancora saldamente ancorata ai principi neoclassici. La formazione seguiva un percorso rigidamente codificato: iniziava con il disegno dal gesso delle statue antiche, proseguiva con lo studio dell'anatomia e culminava nella pittura di soggetti storici e mitologici. I maestri dell'epoca, come Giuseppe Bezzuoli e Enrico Pollastrini, perpetuavano la tradizione accademica che privilegiava la precisione del disegno, la nobiltà del soggetto e l'idealizzazione della forma.

Durante questi anni formativi, l'artista dimostrò notevole abilità tecnica, ma le sue opere riflettevano ancora pienamente l'estetica neoclassica. Dipinti come "Autoritratto" (1850) mostrano una tecnica tradizionale impeccabile con un uso sapiente del chiaroscuro leonardesco e una composizione equilibrata secondo i canoni accademici. La sua prima partecipazione a concorsi ufficiali con opere di soggetto storico-mitologico, testimonia la sua iniziale adesione al sistema artistico tradizionale.

Il Caffè Michelangiolo in Via Larga a Firenze rappresentò per Fattori e per la pittura italiana un crocevia fondamentale, con la nascita del movimento dei macchiaioli. Qui, a partire dai primi anni '50, si riuniva un gruppo eterogeneo di intellettuali, pittori, critici e letterati accomunati dalla volontà di rinnovare l'arte italiana. Diego Martelli, critico d'arte e mecenate, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Vito D'Ancona, Odoardo Borrani e molti altri animavano discussioni appassionate sulla necessità di superare l'arte accademica.

La "macchia" non era semplicemente una tecnica pittorica, ma rappresentava una vera e propria filosofia artistica. Invece di costruire la forma attraverso il tradizionale chiaroscuro, i Macchiaioli privilegiavano i contrasti di colore e luce, creando volumi e profondità attraverso accostamenti cromatici audaci. Questa rivoluzione tecnica permetteva di catturare gli effetti luminosi naturali con immediatezza ed efficacia, liberando la pittura dalla necessità di "finire" minuziosamente ogni dettaglio.

Fattori abbracciò questa nuova estetica con particolare convinzione, sviluppando una personale interpretazione della "macchia" che si caratterizzava per una maggiore solidità costruttiva rispetto ad alcuni colleghi. La sua formazione accademica gli fornì le basi tecniche necessarie per controllare questa nuova libertà espressiva. Opere come "Soldati francesi del '59" (1859) mostrano già la piena padronanza della tecnica macchiaiola, con zone di colore puro che si alternano a creare effetti di luce e ombra di straordinaria efficacia.

L'adesione al movimento macchiaiolo coincise anche con l'impegno patriottico del pittore. Durante la Seconda Guerra d'Indipendenza (1859), seguì le truppe come corrispondente artistico, esperienza che arricchì enormemente la sua comprensione della realtà militare e che influenzò profondamente la sua produzione successiva.

Successivamente, l'artista cominciò a sviluppare la pittura en plein air. Per lui non si trattava semplicemente una scelta stilistica, ma rifletteva una concezione dell'arte come strumento di conoscenza diretta della realtà. I soggiorni in Maremma, iniziati negli anni '60, gli permisero di sviluppare una comprensione intima del paesaggio toscano e della vita rurale, temi che diventeranno centrali nella sua produzione.

L'opera "In vedetta" (1872), invece, rappresenta il culmine della sua arte militare. Il dipinto di straordinaria sintesi compositiva, ritrae due soldati di cavalleria in osservazione su una collina. La tecnica della macchia raggiunse qui una maturità assoluta: le figure si stagliano contro il cielo con una monumentalità che ricorda i maestri del Rinascimento, ma l'approccio cromatico è totalmente moderno. La luce mediterranea, filtrata attraverso l'atmosfera toscana, crea effetti di controluce che esaltano la drammaticità della scena.

"La rotonda di Palmieri" (1866) testimonia invece la sua abilità nel ritrarre la vita borghese contemporanea. Ambientata nei giardini di Livorno, l'opera cattura un momento di svago della società ottocentesca con una tecnica che anticipa certe soluzioni impressioniste. La composizione, apparentemente spontanea, è in realtà costruita con sapiente equilibrio, mentre la resa della luce filtrata attraverso la vegetazione mostra la completa padronanza della tecnica macchiaiola.

La sua opera più celebre, "Il campo italiano alla battaglia di Magenta" (1861-1862) rappresenta un unicum nella pittura di storia italiana. Fattori rifiuta la retorica celebrativa tradizionale per offrire una visione cruda e realistica della guerra. Il campo di battaglia, con i suoi morti e feriti, viene rappresentato con una verità che sconvolse i contemporanei. La tecnica della macchia si rivela qui perfettamente funzionale al soggetto, permettendo di rendere l'atmosfera drammatica.

La produzione di Fattori offre uno spaccato straordinariamente ricco dell'Italia post-unitaria. Le sue scene militari non si limitano alla celebrazione retorica, ma indagano la realtà umana del soldato. Opere come "Soldati a riposo" o "Il riposo" mostrano militari colti nei momenti di pausa, con una sensibilità che anticipa certe conquiste della psicologia moderna.

I paesaggi maremmani costituiscono un altro filone fondamentale della sua produzione. La Maremma non era solo un soggetto pittoresco, ma rappresentava l'Italia rurale in trasformazione. Dipinti come "Il fattore" o "Bovi al carro" documentano un mondo agricolo ancora legato a ritmi ancestrali, ma già toccato dai cambiamenti dell'unificazione nazionale. La sua tecnica, sempre più libera e sintetica, cattura l'essenza di questo paesaggio con una poesia che trascende la semplice documentazione.

La ritrattistica di Fattori rivela invece la sua capacità di penetrare la psicologia borghese. I ritratti della società livornese, da "La signora Martelli" a "Ritratto della figliastra", mostrano un pittore attento ai mutamenti sociali e culturali dell'epoca. La tecnica macchiaiola, applicata al ritratto, permette di cogliere non solo la somiglianza fisica, ma anche l'atmosfera psicologica del soggetto.

La sua morte nel 1908 coincise simbolicamente con la chiusura dell'Ottocento artistico italiano. La sua eredità, tuttavia, si rivelò fondamentale per lo sviluppo dell'arte moderna nazionale. La lezione macchiaiola, filtrata attraverso la sua sensibilità, rappresentò un antidoto all'estetismo decadente e fornì le basi per un realismo moderno e consapevole.

Il riconoscimento critico di Fattori come uno dei massimi pittori italiani dell'Ottocento si consolidò nel corso del Novecento. La sua capacità di coniugare innovazione tecnica e profondità umana, sperimentazione formale e impegno sociale, ne fece un modello per generazioni di artisti. La sue opere, che documentano con straordinaria efficacia la società italiana post-unitaria, mantengono ancora oggi una freschezza e una modernità che ne confermano la grandezza storica.

Questo grande artista rappresenta un capitolo importantissimo della storia dell'arte italiana, e un esempio di come l'arte possa farsi interprete lucida e appassionata del proprio tempo, trasformando l'osservazione della realtà in una forma di conoscenza profonda e duratura.

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