Il caos sommerge il Louvre: furti, crolli e opere a rischio

Il caos sommerge il Louvre: furti, crolli e opere a rischio

Eleonora Antonini

Il Museo del Louvre, il tempio laico che custodisce millenni di storia umana e l'istituzione culturale più visitata al mondo, sta vivendo uno dei momenti più bui della sua storia recente.

E c'è qualcosa di profondamente inquietante quando i simboli dell'eternità iniziano a mostrare le crepe del tempo.

Quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro e protetto del pianeta, si è trasformato infatti nel giro di poche settimane nel palcoscenico di una tragicommedia fatta di tubature che esplodono, furti da film e scioperi che minacciano di paralizzare il turismo parigino.

A fine novembre 2025 un guasto tecnico ha fatto crollare l'illusione di inviolabilità del museo, provocando danni inaspettati e, per certi versi, imbarazzanti per la dirigenza francese.

Tutto è iniziato con un evento apparentemente banale, uno di quegli imprevisti domestici che ci si aspetterebbe in un vecchio condominio e non nel palazzo dei re di Francia.

Una tubatura dell’impianto di riscaldamento e ventilazione si è rotta improvvisamente.
La causa?
Una valvola aperta per errore, una disattenzione umana che si è scontrata con l'usura del tempo, riversando litri d'acqua sopra una sala del piano superiore.

L'acqua, elemento nemico per eccellenza della conservazione cartacea, ha filtrato inesorabilmente tra i pavimenti, impregnando la moquette e penetrando i soffitti, fino a precipitare nella biblioteca dedicata alle antichità egizie.

La scena che si è presentata ai custodi è stata desolante: decine di mensole allagate ed un patrimonio librario sotto scacco.
Il bilancio provvisorio stilato dalla dirigenza non è dolce: circa 300-400 volumi e documenti sono stati danneggiati dall'acqua. 

Si tratta prevalentemente di riviste di egittologia e testi scientifici, datati per lo più tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Le autorità si sono affrettate a precisare che fortunatamente gli oggetti colpiti non rientrano nella categoria dei “pezzi unici e irripetibili” e non sono, dunque, papiri millenari o antichità egizie originali ma testi di studio e consultazione fondamentali per la ricerca.

Il vicedirettore del museo responsabile delle operazioni ha cercato di rassicurare l'opinione pubblica dichiarando che i materiali, una volta sottoposti a processi di asciugatura adeguati, verranno inviati in legatoria per il restauro e successivamente ricollocati sugli scaffali.

Sebbene al momento non si segnalino perdite definite “irreparabili”, l'incidente non può essere archiviato come un semplice incidente.

Il danno subito dalla Biblioteca Egizia diventa l’ennesimo segnale d'allarme che va oltre la perdita momentanea di documentazione utile.

È la punta dell'iceberg di un problema ben più profondo che riguarda la gestione delle infrastrutture.

La tubazione incriminata infatti era ben nota all'amministrazione e considerata fuori uso da mesi, con la sostituzione programmata per il 2026. 
È successo, in breve, ciò che accade inevitabilmente quando la manutenzione viene rimandata e resta lettera morta.

Questo episodio di negligenza infrastrutturale non è un caso isolato ma l'ultimo tassello di una lunga serie di sventure che ha colpito il museo e questa perdita d’acqua arriva in un momento già drammatico per la reputazione del Louvre.
Solo poche settimane prima dell'allagamento, il 19 ottobre 2025, il mondo dell'arte è stato scosso da un furto audace: quattro ladri sono riusciti a portare via i gioielli della corona francese per un valore stimato tra gli 88 e i 102 milioni di euro.

L'incursione è stata rapida e chirurgica, durata meno di dieci minuti.

All'indomani del colpo la direzione del museo, guidata da Laurence des Cars, ha dovuto ammettere con evidente imbarazzo le gravi falle del sistema di sicurezza e in una confessione che ha lasciato interdetti gli esperti del settore, è stato rivelato che la videosorveglianza esterna era “insufficiente” e che le telecamere non coprivano nemmeno tutte le aree perimetrali dell'edificio.

In questo scenario di vulnerabilità sistemica si apre nuovamente una riflessione dolorosa e necessaria per il nostro Paese.
Il Louvre custodisce una delle più vaste e preziose collezioni di arte italiana al mondo, frutto di acquisizioni storiche e donazioni ma anche delle note spoliazioni napoleoniche che restano, ancora oggi, una ferita aperta e oggetto di contenzioso morale e talvolta legale con lo Stato italiano.

Camminando per i corridoi parigini ci si imbatte infatti nell'anima del Rinascimento: da Leonardo da Vinci a Veronese, fino a Caravaggio.
Alla luce dei recenti eventi sorge un dubbio legittimo: se il museo non è in grado di proteggere i gioielli della corona francese da un furto lampo di dieci minuti, né di evitare che un tubo noto per essere difettoso allaghi una biblioteca, quale garanzia abbiamo sulla tutela dei capolavori italiani? 


Non si tratta di retorica nazionalista, ma di una preoccupazione concreta per la conservazione materiale di opere che appartengono all'umanità intera e che portano nel DNA la storia d'Italia.

Il fatto che intere sezioni vengano chiuse per rischi strutturali getta un'ombra sinistra sulla capacità dell'istituzione di garantire quel microclima e quella sicurezza fisica indispensabili per tele e tavole vecchie di secoli.

In un contesto dove la manutenzione può attendere, il timore che un domani l'acqua possa colare non su riviste del '900, ma su un capolavoro del Cinquecento italiano, non è più un'ipotesi distopica ma un rischio statistico.

A conferma che i timori non sono infondati c'è un altro dato di cronaca: a Novembre il museo è stato costretto a chiudere temporaneamente la Galerie Campana.

Questa sezione, che custodisce una collezione storica di ceramiche greche - e che prende il nome proprio da quel Giampietro Campana la cui collezione fu dispersa tra mezza Europa, Italia inclusa - è stata sigillata per problemi strutturali: un rapporto tecnico interno, datato 14 novembre, ha giudicato "a rischio" alcune travi che sorreggevano i pavimenti, certificando lo stato di degrado delle ossature stesse del palazzo.

È ormai chiaro che il Louvre si ritrova impantanato in una crisi multipla.

Da un lato c'è una manutenzione ignorata o rimandata, dall'altro una strategia che sembra aver spostato gli investimenti su acquisizioni “appariscenti” e grandi progetti mediatici, trascurando la cura quotidiana del già esistente.

Questo sbilanciamento continuo ha finito per generare anche un crescente e rumoroso malcontento interno.

La situazione è precipitata infatti anche sul fronte sindacale ed il personale, riunito in assemblea da tre delle principali sigle sindacali francesi (CGT, CFDT e SUD), ha denunciato condizioni di lavoro divenute ormai insostenibili. 

Le lamentele dipingono un quadro di abbandono cronico: carenza di personale, apparecchiature obsolete, manutenzione rimandata da anni, continue chiusure di sale e uno scarso rispetto da parte dell'amministrazione per le segnalazioni che arrivano dai lavoratori stessi.

All’unanimità circa 200 lavoratori hanno votato per uno sciopero a partire dal 15 dicembre 2025, notificando ufficialmente l’intenzione al Ministero della Cultura francese. 

Se la protesta verrà seguita su larga scala, considerando che il museo conta circa 2.100 dipendenti, le conseguenze potrebbero essere pesanti ed il Louvre rischia di chiudere temporaneamente proprio in un periodo, quello pre-natalizio, di grandissima affluenza turistica.

Le richieste dei sindacati sono chiare e dirette: assunzione di nuovi dipendenti, specialmente per i settori accoglienza e sicurezza, manutenzioni urgentissime delle infrastrutture, maggiore trasparenza nella gestione e una revisione radicale delle priorità.

Meno spese per “grandi progetti” di facciata e più attenzione alla tutela del museo stesso.

Ma rimane un paradosso sconfortante quello che emerge dalle cronache parigine.

Pensare che un’istituzione come il Louvre, custode di millenni di bellezza, arrivi al punto di soffrire guasti elementari come tubature arrugginite mette i brividi, perchè è una contraddizione che evidenzia quanto la grandezza storica non basti se la cura viene trascurata.

Non si tratta solo di libri bagnati, di gallerie chiuse o di gioielli spariti nel nulla.
Si tratta di un segnale culturale fortissimo: la memoria, l’arte, il patrimonio - ciò che rende umano un museo e, forse, il mondo intero - è intrinsecamente vulnerabile anche in quei luoghi che, per abitudine e reverenza, definivamo “intoccabili”.

Le autorità del Louvre hanno promesso intanto interventi strutturali urgenti.


Ma la domanda che sorge spontanea è: a che prezzo? Quanti altri “incidenti minori” dovranno accadere prima di prendere sul serio la fragilità del museo?
E soprattutto quanti pezzi di cultura danneggiati ne pagheranno le conseguenze nel frattempo?

Questa crisi non è solo un problema parigino.
È un richiamo per chiunque pensi che l’arte sia eterna per diritto divino: senza cura l’eterno diventa fragile. 

E mentre l'acqua cola dai soffitti e i dipendenti incrociano le braccia, il mondo osserva con preoccupazione il gigante d'argilla che cerca disperatamente di non crollare su se stesso.

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