Canaletto verso l’asta del secolo: i Bucintoro che riscrivono la storia dell’arte

Canaletto verso l’asta del secolo: i Bucintoro che riscrivono la storia dell’arte

Eleonora Antonini

Nel gran teatro del collezionismo mondiale la pittura di vedute veneziane vive un momento intensissimo, quasi irripetibile.
In particolare il 2025 e l’apertura del 2026, segnano per il Maestro veneziano Canaletto un giro di boa che riscrive prezzi, percezioni e logiche del mercato.

Lo scenografo è lo stesso che un tempo celebrava la gloria della Serenissima ma oggi, sul palcoscenico delle aste internazionali, recita un copione nuovo: quello del collezionismo di élite e della rivalutazione di un’epoca che torna finalmente protagonista.

Già il 1° luglio 2025, in apertura della “Classic Week” di Christie's a Londra, il capolavoro del 1732 “Venezia, il ritorno del Bucintoro nel giorno dell’ascensione(cm 86 × 138,1) era stato venduto per circa 43,9 milioni di dollari, riscrivendo il record d’asta per il Canaletto superando di oltre 13 milioni la precedente soglia.

L’opera, in precedenza appartenuta a Sir Robert Walpole -primo Primo Ministro britannico-, era appesa alle pareti di 10 Downing Street fin dal 1736 ed è tornata sotto i riflettori grazie al gusto contemporaneo del “ritorno al classico” e dell’investimento in arte di prestigio.

Definito dagli esperti “uno dei dipinti più sublimi che Canaletto abbia mai realizzato” e “probabilmente il migliore in mani private”, raccoglie tutto il fascino di una Venezia in stato di grazia con i suoi fasti, cerimonie e splendori.
Il soggetto, il Bucintoro, cioè l’imbarcazione ufficiale del Doge, domina una festa storica e rituale come quella dell’Ascensione.

Ma non è bastato un solo grande colpo. 

Ad otto mesi di distanza l’attenzione del mercato ritorna su un altro Bucintoro, questa volta datato intorno al 1754 e di dimensioni ancora più imponenti (cm 151,7 × 137,1).
Il dipinto, realizzato durante gli anni londinesi di Canaletto e appartenuto alla famiglia King (poi Earls of Lovelace), sarà il “top lot” della vendita Old Masters del 4 febbraio 2026 a New York.


Oggi l’asta è annunciata senza stima pubblica, accendendo automaticamente anche la sfida storica: riuscirà a battere il record dell’estate precedente?
La composizione è audace, la tavolozza luminosa e teatrale, la pennellata vibrante e precisa.

Il dipinto farà un tour internazionale prima dell’asta: a New York dal 29 gennaio al 3 febbraio 2026, poi Hong Kong e Londra.

Una tournée che amplifica il pathos di un evento che già promette scintille.

Giovanni Antonio Canal, passato alla storia come Canaletto, nasce a Venezia nel 1697 e cresce tra quinte teatrali dipinte, illusioni prospettiche e trucchi ottici grazie al padre scenografo. 
La sua formazione teatrale si sente ovunque: nella gestione dello spazio, nella profondità, nella capacità di mettere lo spettatore “dentro” la scena.

Dopo un periodo al servizio del teatro, che abbandona piuttosto bruscamente, sceglie come palcoscenico la città stessa.

Negli anni Venti del Settecento inizia a dipingere vedute veneziane con una pulizia formale ed una precisione prospettica che nessuno prima di lui aveva osato, una sorta di fotografia ante litteram calibrata con rigore quasi scientifico ma animata da una vita pulsante.


I suoi primi estimatori sono gli aristocratici inglesi in Grand Tour, tra cui Joseph Smith, console britannico a Venezia che diventa il suo agente, mecenate e mercante intuendo quanto Canaletto sia un investimento sicuro.
 

Per questa ragione molte opere migrano verso collezioni private inglesi.

Nel 1746 Canaletto si trasferisce a Londra: dipinge vedute del Tamigi, di Westminster, di Richmond anche se alcuni critici lo accusano di ripetersi - questione mai nuova nella storia dell’arte - ma la sua fama cresce comunque.

Torna a Venezia nel 1755 e lavora senza sosta fino alla morte nel 1768.
Niente scandali, niente drammi, niente proclami.
Lascia un unica eredità, solida e semplice: una Venezia eterna e luminosa, costruita con la precisione di un architetto e la sensibilità di un narratore silenzioso.

I due Bucintoro di Canaletto, pur condividendo tema, rituale e scenografia veneziana, appartengono a fasi differenti della carriera dell’artista e mostrano due modi opposti di intendere la veduta.


Il Ritorno del Bucintoro del 1732 è un dipinto giovanile, realizzato quando Canaletto è già maestro della prospettiva e mantiene una freschezza luminosa che ricorda la Venezia vissuta giorno per giorno.
La composizione è larga, ariosa, costruita come un racconto corale: gondolieri, nobili, mercanti e curiosi animano una città viva e respirano dentro la scena.
L’attenzione alla luce è delicata, nel rispetto dell’equilibrio naturale, e la pennellata è compatta e definita, ancora legata all’idea di realismo.

Il Bucintoro al Molo del 1754, nasce invece da un Canaletto più esperto, più consapevole e molto più teatrale.
Qui l’artista non si limita a registrare la città, la reinventa: l’opera è monumentale ed il colore è più intenso e deciso, mentre la luce non descrive ma costruisce.
È un Canaletto che ha imparato dagli anni londinesi a pensare all’immagine come ad uno spettacolo e che porta a Venezia una sorta di grandeur britannica applicata alla tradizione lagunare.

La differenza più evidente è nel ritmo: il 1732 scorre come una giornata reale, il 1754 avanza come un’ode celebrativa ed una specifica dichiarazione di identità cittadina. 

Uno è racconto, l’altro manifesto.

Se da un lato c’è l’entusiasmo per la bellezza e per la storia, dall’altro c’è una spina sottile che attraversa tutto: il rischio di trasformare il patrimonio culturale in merce.

Il fatto che due capolavori di un solo artista, dedicati alla stessa cerimonia, vadano all’asta nel giro di pochi mesi dimostra quanto l’arte antica sia oggi attraversata da dinamiche speculative.

Non è più solo “amare Canaletto”, è voler possedere il Canaletto più caro e più raro.
Cosa significa questo per il futuro della redistribuzione culturale, per la fruizione pubblica, per il valore intrinseco dell’opera? Chi potrà permettersi di vedere quei dipinti da vicino, se non ricchi collezionisti ed élite?

Eppure, anche se oramai in un mercato duro e feroce, la vera arte resiste e le pennellate di Canaletto mantengono un potere che nessuna cifra potrà intaccare: il potere di far sognare.

In fondo Venezia non è mai stata solo una città. È un’idea.

E oggi quell’idea vale letteralmente molto più dell’oro.

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