
Arco di Settimio Severo a Roma di Vanvitelli: quando l'arte incontra l'archeologia
Jayde BrowneCondividi
L'opera "L'Arco di Settimio Severo a Roma" di Vanvitelli rappresenta una delle vedute più significative di Gaspar van Wittel, detto Vanvitelli, dedicata ai monumenti dell'antica Roma. Il dipinto cattura un'ampia veduta del cuore archeologico della città eterna, dove il maestoso arco trionfale di marmo bianco dedicato all'imperatore Settimio Severo domina la composizione centrale. L'architettura antica emerge con solennità dall'accumulo di detriti e vegetazione che nei secoli aveva sepolto gran parte del Foro Romano, testimoniando la stratificazione storica del sito.
La scena è popolata da piccole figure umane che conferiscono scala e vita quotidiana al paesaggio archeologico. Pastori con le loro greggi, viaggiatori e curiosi animano l'antico lastricato, creando un contrasto suggestivo tra la grandezza imperiale del passato e la dimensione pastorale del presente. L'atmosfera generale trasmette quella malinconia romantica tipica delle rovine antiche, dove il tempo ha trasformato il centro del potere romano in un paesaggio bucolico punteggiato da resti monumentali che emergono come testimoni silenziosi di una gloria perduta.
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Stile
L'approccio stilistico di van Wittel in questa veduta archeologica si inserisce perfettamente nella tradizione del vedutismo barocco, caratterizzato da un'accurata osservazione topografica unita a una sensibilità pittoresca per il paesaggio storico. L'artista olandese applica alla rappresentazione delle rovine romane la stessa metodologia rigorosa che caratterizza le sue vedute urbane contemporanee, combinando precisione documentaria e raffinatezza compositiva. La pittura rivela l'influenza della scuola paesaggistica nordeuropea nella resa atmosferica e nell'attenzione ai dettagli naturalistici.
Il periodo di realizzazione dell'opera, databile tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo, coincide con una rinnovata fascinazione per l'antichità classica che caratterizzava la cultura europea del tempo. Van Wittel si distingue dai suoi contemporanei per l'approccio scientifico alla rappresentazione archeologica, evitando le ricostruzioni fantasiose tipiche dell'epoca per privilegiare una documentazione fedele dello stato dei monumenti. La sua tecnica pittorica unisce la tradizione fiamminga nell'uso dell'olio su tela con un'innovativa sensibilità per gli effetti di luce mediterranea.
Colore e illuminazione
La palette cromatica dell'opera si sviluppa intorno ai toni caldi delle pietre antiche, dove dominano gli ocra, i bruni dorati e i grigi perlacei del marmo. Van Wittel dimostra una particolare maestria nel rendere le diverse qualità superficiali dei materiali lapidei, dal travertino consumato dell'arco al marmo ancora brillante di alcuni frammenti architettonici. I verdi tenui della vegetazione spontanea che colonizza le rovine creano delicati contrappunti cromatici, mentre i blu del cielo romano forniscono una cornice luminosa alla composizione.
L'illuminazione procede da sinistra con quella qualità dorata tipica della luce mediterranea che van Wittel aveva imparato ad apprezzare durante il suo soggiorno italiano. I giochi di luce e ombra esaltano la plasticità architettonica dell'arco di Settimio Severo, evidenziando i rilievi scultorei e le modanature classiche. La distribuzione luminosa crea una progressione visiva che guida l'occhio dall'ombra del primo piano verso la luminosità del cielo, conferendo profondità e respiro alla veduta archeologica.
Gestione degli spazi
La costruzione spaziale dell'opera rivela la maestria di van Wittel nella gestione della prospettiva monumentale. Il Foro Romano si apre davanti all'osservatore come un vasto anfiteatro naturale, dove gli elementi architettonici sono distribuiti secondo una logica spaziale che rispetta la reale topografia del sito. L'arco di Settimio Severo, posizionato leggermente decentrato, funge da fulcro compositivo attorno al quale si organizzano gli altri monumenti visibili: la snella Colonna di Foca a sinistra e i resti del Tempio di Saturno sulla destra.
La profondità è articolata attraverso diversi piani sovrapposti, dal primo piano dettagliato con figure e detriti, fino al fondale collinare che chiude l'orizzonte. Van Wittel utilizza la prospettiva aerea per rendere la distanza, schiarendo progressivamente i toni e attenuando i contrasti verso lo sfondo. La presenza di accumuli di terra e vegetazione testimonia l'interramento che caratterizzava il Foro all'epoca dell'artista, quando i monumenti emergevano solo parzialmente dal livello del suolo moderno.
Composizione e inquadratura
L'inquadratura prescelta da van Wittel abbraccia un'ampia porzione del Foro Romano, permettendo di cogliere sia i dettagli architettonici dei singoli monumenti sia il rapporto spaziale complessivo del sito archeologico. La composizione segue i principi dell'equilibrio asimmetrico, con l'arco di Settimio Severo che, pur occupando la posizione centrale, è bilanciato dalla presenza della colonna e dei ruderi circostanti. Le linee di forza convergono naturalmente verso il monumento principale, mentre la distribuzione delle masse architettoniche crea un ritmo visivo che accompagna la lettura del paesaggio antico.
Il punto di vista elevato consente di apprezzare l'estensione del sito e la relazione tra i diversi edifici, restituendo un'immagine unitaria del complesso forense. Le piccole figure umane, distribuite strategicamente nella composizione, forniscono punti di riferimento scalare e animano la scena con note di colore vivace. La scelta dell'inquadratura rivela una concezione scenografica della veduta archeologica, dove ogni elemento contribuisce a creare un'immagine di Roma che unisce documentazione storica e suggestione pittorica.
Tecnica e materiali
L'opera è realizzata secondo la tecnica dell'olio su tela, seguendo la tradizione della pittura fiamminga che van Wittel aveva perfettamente assimilato durante la sua formazione nei Paesi Bassi. La preparazione della superficie pittorica, probabilmente a base di gesso e colla, fornisce una base luminosa che esalta la brillantezza dei pigmenti sovrastanti. La stesura cromatica procede per velature successive, permettendo di ottenere quella particolare qualità atmosferica che caratterizza le vedute italiane del maestro olandese.
I pigmenti utilizzati testimoniano l'alta qualità dei materiali impiegati: terre naturali per le architetture antiche, oltremare per il cielo, verdi di rame ossidato per la vegetazione. La pennellata di van Wittel rivela una tecnica controllatissima, particolarmente evidente nella definizione dei dettagli architettonici e nella resa delle diverse texture lapidee. L'artista dimostra una particolare abilità nel rendere gli effetti del tempo sui materiali antichi, dai marmi levigati dalle intemperie ai travertini erosi dall'età. La modalità esecutiva combina precisione descrittiva e sensibilità pittorica, creando un equilibrio perfetto tra documentazione archeologica e interpretazione artistica del paesaggio romano.