Andromeda: Il viaggio di un dipinto tra mito e attribuzioni
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Il dipinto che rappresenta Andromeda, ispirato dal celebre poema *Metamorfosi* di Ovidio, racconta una storia di sacrificio, vanità e redenzione. L'opera raffigura un momento drammatico tratto dalla mitologia classica: Andromeda, figlia di Cassiopea e Cefeo, re di Etiopia, è incatenata a uno scoglio, offerta in sacrificio a un'orca marina inviata dal dio Poseidone su richiesta delle Nereidi.
Queste ultime, profondamente offese dalla presunzione di Cassiopea, che si vantava di essere più bella di loro, chiesero a Poseidone di punire la vanità della regina. La punizione divina si tradusse in un mostro marino che terrorizzava le coste etiopi, richiedendo il sacrificio della giovane Andromeda.
La scena immortalata nel dipinto cattura il momento in cui Perseo, reduce dalla vittoria su Medusa, arriva in volo per salvare la principessa. La tensione dell'attimo è palpabile: Andromeda, ritratta in una posa di rassegnata attesa, osserva l'approccio del suo salvatore, mentre il mostro si avvicina minacciosamente. Il cielo sopra di lei è calmo, e in lontananza, una barca con ignari testimoni solca le acque tranquille, ignara del dramma imminente.
Il dipinto è stato a lungo un enigma per gli storici dell'arte. La sua presenza nella collezione Borghese è documentata per la prima volta nel 1693, quando fu attribuito ad Annibale Carracci, uno dei più celebri artisti del Rinascimento italiano.
Per tutto il Settecento, l'opera fu ritenuta opera di Giuseppe Cesari, meglio conosciuto come il Cavalier d'Arpino, un altro gigante della pittura del periodo. Questa attribuzione resistette fino al XIX secolo, quando nuovi studi iniziarono a mettere in dubbio l'origine del dipinto.
Nel 1932, lo storico dell'arte tedesco Fritz Voss avanzò l'ipotesi che l'opera fosse stata creata da Rutilio Manetti, un pittore senese meno noto ma altamente apprezzato per il suo stile barocco e la sua capacità di infondere un profondo realismo nelle scene sacre e mitologiche. Tuttavia, questa teoria non trovò immediatamente consenso, e per alcuni decenni l'attribuzione a Manetti fu temporaneamente accantonata.
È stato solo nel 1959, con l'intervento di Paola della Pergola, che l'attribuzione a Manetti venne definitivamente accettata. La studiosa riportò il dipinto nel catalogo delle opere dell'artista senese, basandosi su una serie di analisi stilistiche e confronti con altre opere certe di Manetti.
L'opera fu datata intorno al 1612, periodo in cui l'artista stava sviluppando il suo stile in una direzione che gli storici definiscono 'protonaturalista'. Nel 2010, Marco Gallo propose una datazione ancora più precisa, suggerendo che il dipinto fosse stato realizzato tra il 1611 e il 1612, nel pieno della fase creativa di Manetti.
L'iconografia del dipinto si distingue per alcuni dettagli peculiari rispetto alla narrazione classica di Ovidio. La figura di Andromeda, con la sua acconciatura complessa e l'espressione rassegnata, differisce dalle rappresentazioni tradizionali, dove la principessa è spesso raffigurata in preda al terrore.
Il mare, solitamente agitato nelle raffigurazioni di questo mito, appare invece calmo, suggerendo una sorta di pace interiore o una fiducia nel destino imminente. Sullo sfondo, la presenza di una barca con testimoni ignari aggiunge un tocco di realismo alla scena, ancorando il mito in un contesto più terreno.
Questo dipinto, attraverso la sua lunga e complessa storia di attribuzioni, non è solo un'opera d'arte, ma un testimone della continua evoluzione della conoscenza e dell'apprezzamento storico-artistico.
Da Annibale Carracci a Rutilio Manetti, passando per il Cavalier d'Arpino, la tela ha attraversato secoli di studio e interpretazione, giungendo finalmente a una collocazione stabile all'interno del corpus di un artista la cui riscoperta continua a offrire nuove e affascinanti prospettive sul barocco italiano.
Chi è Rutilio Manetti
Rutilio Manetti (1571 – 22 luglio 1639) è stato un pittore italiano del tardo Rinascimento, attivo principalmente a Siena. La sua opera è caratterizzata da una transizione dallo stile manierista al barocco, influenzata dalle innovazioni pittoriche del Caravaggio.
Vita e Carriera
Manetti nacque a Siena nel 1571. Non si sa molto riguardo la sua formazione artistica, ma si presume che sia stato allievo di un artista locale di tendenze manieriste. La sua produzione artistica iniziale mostra un'influenza del manierismo, uno stile che all'epoca era prevalente a Siena, caratterizzato da composizioni complesse e una certa eleganza stilistica.
Negli anni successivi, Manetti entrò in contatto con le opere di Caravaggio, che ebbero un impatto significativo sulla sua pittura. Questo incontro lo spinse ad adottare il chiaroscuro caravaggesco, un uso drammatico della luce e dell'ombra per creare profondità e realismo, e a concentrarsi su temi religiosi e mitologici, rappresentati con un approccio più naturalistico e intenso.
Opere Principali
Tra le opere più celebri di Manetti vi sono numerosi dipinti sacri commissionati per le chiese di Siena, tra cui la "Decollazione del Battista" e il "Martirio di San Lorenzo". Le sue opere sono note per la loro vivida rappresentazione dei soggetti e per l'uso innovativo della luce, che evidenzia l'influenza caravaggesca. Rutilio Manetti fu anche un prolifico ritrattista, e molti dei suoi ritratti sono noti per la loro intensità psicologica e l'attenzione ai dettagli.
Influenza e Stile
Manetti è spesso considerato un pittore di transizione, il cui lavoro rappresenta il passaggio dal manierismo al barocco. La sua arte è stata influenzata sia dai suoi contemporanei senesi che dai pittori del barocco romano, sebbene il suo stile rimanga unico per il modo in cui combina questi elementi con una sensibilità personale.
Rutilio Manetti morì a Siena il 22 luglio 1639. Nonostante non abbia mai raggiunto la fama di alcuni dei suoi contemporanei, oggi è riconosciuto come una figura importante nella pittura italiana del tardo Rinascimento e del primo Barocco, soprattutto per il suo ruolo nel portare le innovazioni caravaggesche a Siena.