Migliaia di figure che, più simili alle formiche che agli uomini, si ammassano in una cava, in un andirivieni affannoso e senza fine. Siamo in Brasile e, più precisamente, nella miniera d’oro di Sierra Pelada. E no, non siamo nell’Ottocento, e neanche nei primi del Novecento. Ci troviamo, invece, verso la metà degli anni ’80. L’immagine, dal titolo “Sierra Pelada”, è stata scattata da Sebastião Salgado, fotografo brasiliano fra i più importanti della nostra contemporaneità.
Sierra pelada, la foto di Salgado sugli schiavi del nostro tempo
“Sierra Pelada” fa parte della serie di immagini che Salgado fotografò nella miniera d’oro brasiliana. Era il 1986 quando è stata scattata la foto con migliaia di uomini che accorrevano dalle zone agricole del nord e del nord-est del Brasile in cerca di fortuna.
Da quando nel XIX secolo nella cava di Sierra Pelada ci fu il primo ritrovamento d’oro, è stato un continuo via vai di uomini che lasciavano le proprie terre per lavorare nella miniera, con la speranza di trovare una pepita d’oro. E così, ogni giorno, un’enorme quantità di persone saliva e riscendeva sulle precarie scale a pioli nella cava, per decine di volte al giorno, portandosi dietro sacchi di fango del peso di 60 chili, nei quali cercavano anche la più piccola traccia del metallo prezioso.

“Sierra Pelada” di Sebastião Salgado, 1986
Nessuno è mai stato portato a Sierra Pelada con la forza, ma i “cercatori d’oro” si potevano definire a tutti gli effetti schiavi in cerca di fortuna, vista la paga appena sufficiente per mangiare. In questo clima già difficile, non mancavano le tensioni. La miniera d’oro di Serra Pelada era controllata dalla polizia militare dello stato federale del Pará e frequenti erano gli attriti tra i soldati e i ricercatori d’oro, chiamati garimpeiros (arrampicatori). A volte, durante le liti, i poliziotti sparavano contro i lavoratori.
Oggi la miniera di Serra Pelada non esiste più. Il cratere è stato abbandonato e dentro la gigantesca cava a cielo aperto c’è un piccolo lago inquinato.
Sierra Pelada. La foto e lo stile dell’immagine
La foto, che dalla posizione da cui è stata scattata sembra rappresentare un girone dell’Inferno dantesco, raffigura minuscole figure umane che, operose come formiche, salgono e riscendono dalle scale con i sacchi. L’immagine, in verticale, dà il senso del movimento dall’alto verso il basso, quasi come se si trattasse di una discesa agli Inferi.
Il punto di ripresa da cui è scattata, dicevamo, è distante e sopraelevato proprio per dare una visione di insieme delle proporzioni del fenomeno. Siamo di fronte alla rappresentazione della fatica umana, una fatica paragonabile forse solo a quella che gli schiavi erano costretti a provare durante la costruzione delle piramidi. Senza nessun macchinario di supporto e guardati a vista dai soldati, i lavoratori hanno soltanto una pala per riempire i sacchi dentro i quali cercare fortuna.
Il bianco e nero serve a sottolineare la drammaticità della situazione, mentre l’inquadratura, con i soggetti che appaiono minuscoli, serve a mettere in risalto la piccolezza dell’uomo di fronte alla natura che, in questo caso, quasi fagocita i lavoratori.

Il fotografo brasiliano Sebastião Salgado
Salgado e il reportage sociale
Sebastião Salgado è nato ad Aimorés, in Brasile, l’8 febbraio del 1944 e vive attualmente a Parigi. È considerato uno dei più grandi fotografi a livello mondiale dei nostri tempi. Dopo una formazione universitaria di economista e statistico decide, in seguito ad una missione in Africa, di diventare fotografo.
Nel 1973 realizza un reportage sulla siccità del Sahel, seguito da uno sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1979 entra nell’agenzia Magnum, che lascia nel 1994 per creare, insieme a Lelia Wanick Salgado, Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata al suo lavoro. Salgado si occupa soprattutto di reportage umanitario e sociale.